A proposito di Mauro Mari in arte Maris. Pubblicato su “La Toscana nuova”

Con piacere segnalo un breve contributo su Mauro Mari in arte Maris. E’ motivo di soddisfazione veder pubblicato questo contributo su una rivista importante e capillarmente diffusa in Toscana e non solo in Toscana. Di seguito il testo originale con minime modifiche rispetto a quello pubblicato, di cui è riprodotta la pagina.

Rif.to bibliografico

Della Lena Roberto: Maris. Un viaggio a colori da Siena a Schifano e oltre. La Toscana Nuova, Marzo 2022, pag. 71

Ho conosciuto Maris nel 2012 in occasione dell’inaugurazione della sua mostra personale Apocalisse presso il Gruppo Donatello di Firenze; in quell’occasione parlammo a lungo delle sue opere e del suo percorso artistico. Ci siamo incontrati anche successivamente; ho avuto modo di ascoltare con interesse i suoi racconti, ho più volte rivisto ed apprezzato i suoi quadri in esposizione e nel suo studio, ho anche letto il suo libro autobiografico ritrovando cose che avevo già saputo da lui e scoprendone di nuove. Un destino curioso lega le nostre vicende. Entrambi siamo approdati a Firenze dopo aver vissuto a Siena ed entrambi siamo arrivati a Siena dalla provincia. Curiosamente sia a Siena che a Firenze abbiamo vissuto e viviamo nella stessa zona.
Prendo proprio lo spunto da queste coincidenze che furono argomento di conversazione nel lontano 2012 in occasione della già menzionata mostra personale. Siena è una città piccola per superficie e numero di abitanti, ma grande e molto importante per arte, turismo, tradizioni.
Tra queste ultime una in particolare: il Palio, un evento che si comprende soltanto se si vive a Siena, e probabilmente del tutto lo si capisce soltanto se a Siena si è nati.
Ma perché prenderla così larga e parlare di Siena? Non solo per l’approdo prima senese e poi fiorentino legato a trasferimenti e traslochi, ma anche perché in quella discussione – e in tante altre successive – ci siamo chiesti se e quanto due elementi abbiano influenzato la fantasia di tanti artisti ed anche la nostra: i colori senesi delle varie contrade e l’onnipresente rosso delle case. Queste discussioni sul tema “emigrazione-città-provincia-cambiamento” e sul “potere del colore” non hanno in effetti avuto definitiva risposta, ma hanno continuato ad incuriosirci e si sono riproposte nel tempo. Maris ha praticamente dipinto da sempre; un evento è stato per lui particolarmente significativo, ovvero la sua frequentazione con l’importante artista Mario Schifano che lo ha indubbiamente e positivamente influenzato, come egli stesso testimonia nell’autobiografia: «Mario Schifano, dopo aver visitato mi invitò nel suo studio nei pressi di Arcetri […] mi dava utili consigli sulla tecnica pittorica, in particolare riguardo la miscelazione delle vernici e nell’uso degli smalti per ottenere particolari effetti cromatici […] mi incitava a dipingere con spontaneità privilegiando l’immediatezza del gesto». Ho più volte riletto queste frasi e ho sempre pensato – osservando anche opere molto datate – che quanto Schifano gli suggeriva, Maris lo avesse, almeno in parte, autonomamente già posto in essere. Naturalmente la guida di Schifano lo ha rafforzato, gli ha dato conferme, lo ha convinto che la strada intrapresa fosse quella giusta. L’esplosione del colore – e non è un modo di dire – è pressoché sempre protagonista nelle tele di Maris, e, accanto al suo naturale istinto creativo e alla lezione di Schifano, anche i colori delle contrade senesi forse hanno davvero influenzato la sua pittura. La produzione pittorica di Maris è enorme; probabilmente nemmeno lui sa quanti quadri ha dipinto dagli inizi degli anni Settanta ad ora. Troppe sarebbero le mostre da ricordare, dalla già citata Apocalisse alla personale al Baraka di Firenze, ad altre personali a Cremona, Montecatini e in molte altre città italiane e anche all’estero.
Altri colori, quelli della vita, sono stati tracciati – stavolta non con i pennelli, ma con la penna – in un libro autobiografico dal titolo Vita… vita che ebbi a leggere alcuni anni fa, proprio poco dopo la pubblicazione. È in quel libro molto sintetico, ma ad un tempo molto esaustivo, che si comprende appieno la vicenda artistica e umana di Maris. Un libro che ripercorre una vita intensa, fatta di arte, di trasmissioni antesignane sulle TV private, di gallerie come espositore ma anche come gallerista (nel 1972 fondò la San Frediano nell’omonima strada fiorentina). Un libro dove accanto alla cronaca, agli eventi, usando una metafora, si affacciano e sfilano i colori della vita: il rosso dell’entusiasmo, le tinte fosche di giorni più difficili, il verde della speranza. Un Maris dunque artista a tutto tondo, che scrive, ti parla e ti racconta ora ricevendoti nel suo bellissimo studio lungo l’Arno ora davanti ad una tazzina di caffè, sempre con lo stesso entusiasmo e con la stessa passione. Dunque alla prossima mostra, al prossimo libro, alla prossima chiacchierata!

Su Mauro Mari in arte Maris, vedi anche in questo blog: “Vita… Vita” di Maris Recensione del libro “Vita… Vita” di Mauro Mari in arte Maris – “Apocalisse”, Mostra personale di Mauro Mari in arte Maris

A proposito di un quadro e di un racconto

A proposito di un quadro e di un racconto

Una (fra le tante) caratteristiche dell’opera d’arte, forse una vera e propria funzione, è quella di trasmettere emozioni al fruitore, di attivare la fantasia, talora la memoria.

Si pensi alla Sindrome di Stendhal, ovvero quella impetuosa esperienza emotiva a cui taluni vanno incontro di fronte alla bellezza di un’opera d’arte. Ma la sindrome di Stendhal appartiene ai massimi sistemi, ma ricordi, emozioni, fantasie possono essere attivate anche da opere più comuni, più ordinarie.

Qui un piccolissimo esempio, un’sperienza assai semplice, che probabilmente molti hanno provato, e provvisoriamente definibile “Quando un dipinto ti fa venire a mente qualcosa”.

Ho, appeso ad una parete, un delizios quadro, di piccolo, formato un 30 × 30. Vi è rappresentato un gruppo di otto uomini; tutti in piedi, tutti vestiti di blu elegantemente.

È da sempre che l’immagine del quadro evoca in me un ricordo legato ad un racconto di Gilbert Keith Chesterton, il creatore di Padre Brown, il sacerdote che oltre ad essere buon ministro del culto è anche ottimo investiagore. Il racconto a cui mi riferisco è raccolto assieme ad altri nel libro “Le avventure di Padre Brown”.

Va detto che ho scoperto il libro ben prima della trasposizione televisiva del 1970, che vedeva Rascel nei panni del prete investigatore e Arnoldo Foà in quelli del criminale Flambeau, che però criminale rimane per poco, ravvedendosi e diventando collega ed amico di padre Brown.

Ho scoperto infatti padre Brown qualche anno prima, nel 1964, per merito di una illuminata insegnante che in seconda media propose a me e ai miei compagni di classe come libro di lettura proprio il testo con le avventure del singolare prete.

Ma torniamo al quadro e a quanto esso mi evochi in qualche modo la oramai datata lettura. In particolare si tratta di un passaggio di un racconto, e sarebbe opportuno riuscire a ritrovare il titolo, di quando Flambeau – abbiamo visto inizialmente criminale poi redentosi e collaboratore di. Padre Brown – si reca, o meglio si infiltra in una elegante festa di gala per rubare qualcosa di prezioso. Nei saloni della festa Flambeau, si mescola ai presenti, usando un colpo di genio che mi è sempre rimasto in mente: attraverso l’abbigliamento indossato (abito completo scuro elegnte), attraverso i comportamenti, muovendosi abilmente studiando spazi e tempi, riesce a far credere ai camerieri di essere un invitato e agli invitati di essere un cameriere. Non ricordo come va a finire, sono sincero, ma questo ricordo del singolo che riesce a diventare doppio mi è sempre rimasta in mente, anche, vedendo quel piccolo quadretto. Confesso però che non ho mai capito quale delle otto persone sia Flambeau. Che sia riuscito a confondersi tra i vari personaggi anche nel quadro?!

PS Non trovo più il libro e quindi pur ricordando quanto sopra ho scritto, non sono in grado di riportare il titolo del racconto. Qualcuno magari lo ricorda?

PPS Qualcuno vuole raccontare un proprio ricordo legato a un quadro?

Appendice. 14 Marzo 2022, Molte sono state le risposte, pertanto a breve aggiungerò una sintesi dei messaggi e delle telefonate ricevute. Cito solo il nome, non il cognome, degli Autori, salvo loro diversa indicazione.

Annamaria, grande appassionata di lettura, mi ha consentito di risalire all’episodio citato che vede protagonista Flambeau nei racconti di Padre Brown. Si tratta del racconto “Gli strani passi” e il passo (scusate il bisticcio) che ricordavo è il seguente: “Il momento più difficile fu quando i camerieri si misero in fila; ma anche allora fece in modo di appoggiarsi al muro proprio sull’angolo, cosicché, in quel momento importante, i camerieri lo credettero un signore, e i signori un cameriere.”

Gabriella ancor prima di scrivere mi ha telefonato e mi ha riferito un suo lontano ma vivido ricordo. Ricorda come si sia prima incuriosita e poi invaghita di un quadro attaccato ad una parete di casa che rappresentava una veduta della città di Anversa ed è successivamente andata visitarla. Probabilmente senza quel quadro, quel viaggio non sarebbe mai avvenuto!

Un altro amico, Carlo, ha avuto un’esperienza molto simile alla mia con un quadro presente in casa da sempre attivando ricordi e immaginazione. Ecco la descrizione: “Si tratta di una scena di caccia: un cacciatore che spara, un cane che corre a recuperare una lepre che colpita si rotola nel prato. Siamo nei primi anni cinquanta, il quadro era appeso in una piccola bottega del mio paese. Tutte le volte che entravo accompagnato da mia madre, la prima cosa era quella di posizionarmi ” in estasi” di fronte a quel quadro. Sono trascorsi circa settanta anni, ma ho ancora nitido il ricordo di ogni particolare del quadro e se chiudo gli occhi riesco a ricordare ancora l’odore di quel piccolo emporio, dove la la titolare, una donnina minuscola con i capelli raccolti in un piccolo picchio, con gli occhiali appoggiati al termine del naso, vendeva un po’ di tutto: frutta, dolci, paste, brioche, castagnaccio, lupini, piccoli giocattoli, pistole ad acqua, fucilino con fulminanti, palline di vetro multicolori e, per coloro che non se lo potevano permettere, c’erano le palline di terracotta colorate, che da noi si chiamavano “chiocche”. Ecco che ripensando a quel quadro mi sono tornati alla mente una serie di ricordi della mia infanzia

Ho scoperto poi che un altro amico, Marcello ha avuto anche lui il testo di Chesterton con le avventure di Padre Brown come libro di letture alle medie. Considerand che Marcello ha qualche anno pià di me, noto con piacere che anche altre insegnanti, oltre alla mia, avevano apprezzato il testo di Chesterton.

Ho avito ancora altre risposte e ci sarà modo di parlarne.

Riflettevo sul fatto che c’è ancora qualcuno che si ostina a dire che rete internet, social e informatica in genere non servono a nulla!!!! Mah

Ancora un promemoria, verso la primavera

Raccordo-promemoria e progetti

Terzo promemoria (in assoluto) e primo del 2022. Circa l’inserimento di questi raccordi sul blog avevo qualche perplessità. Mi sono dato una risposta rileggendo il testo di “Aggiungi un posto a tavola”:

“DON SILVESTRO: Nooo. Hai ragione e basta, ma che forse. Posso chiederti una cosa? Perché hai scelto proprio me? E perché proprio il mio paese?

DIO: E perché no?”

E così, senza naturalmente fare impropri paragoni, semplicemente mi sono chiesto perché mai avessi dovuto inserire i raccordi sul blog mi sono dato anche la risposta “E perché no? “

L’ articolo su Montepiesi, la rivista mensile che ha accompagnato la vita di Sarteano per quasi cinquant’anni (1969-2017), è stato via via aggiornato ed ampliato (periodicamente tale aggiornamento viene messo on line), ma siamo ben lungi dal risultato prefissato. Probabilmente in un prossimo futuro l’articolo verrà diviso in due nuovi articoli: uno per la parte generale descrittiva, e uno con l’elenco di una selezione di articoli; naturalmente i due articoli saranno reciprocamente “linkati”. Vale la pena ricordare ancora una volta (chiedo scusa per l’autocitazione “… almeno questo tipo di articoli, di mettere on line non appena raggiunta una sufficiente “presentabilità”, con l’impegno di aggiornarli via via, e, naturalmente di segnalare tali aggiornamenti….”

Ricordo il racconto “Stranieri in terra di Etruria“, recentemente pubblicato e leggermente modificato e corretto. Ringrazio Gianni Oliveti per i preziosi suggerimenti. Dello stesso Gianni Oliveti ricordo il libro “L’antica chiesa fiorentina dei Santi Gervasio e Protasio e il suo territorio” che sto leggendo e di cui presto parlerò.

A proposito delle “Chiacchierate sarteanesi” ribadisco di avere molto materiale da esaminare e riordinare, in modo che la già presente “chiaccherata“, pubblicata la scorsa estate non rimanga a lungo unica e solitaria.

A proposito di Gualtiero Sbardelli, poeta e commediografo di Sarteano, è già presente il breve testo “A partire dal ritrovato sonetto di Gualtiero Sbardelli“, e un secondo articolo è stato pubblicato sulla rivista La Toscana nuova; quest’ultimo dal titolo “Gualtiero Sbardelli. Poeta e Commediografo tra Roma e la Toscana” è stato riproposto su questo blog con lievissime modificazioni. E’ peraltro in preparazione un più ampio pezzo sulla vita e l’opera di Sbardelli con l’ausilio di altri documenti reperiti e di ricerca bibliografica.

L’articolo in cantiere “Laurens Van Der Post e Carl Gustav Jung”, è ancora in preparazione, ma si tratta di tema piuttosto impegnativo. Da segnalare la recente acquisizione di un libro piuttosto importante: “Il cuore del cacciatore” che Van der Post pubblicò nel 1961 e dedicò a Jung, letteralmente: “a C.G. Jung. Per molti motivi, ma soprattutto per il suo grande amore per l’Africa e il rispetto che aveva verso la vita dei suoi piccoli figli aborigeni“. Per quanto riguarda libro “Il cuore del cacciatore” si veda anche più avanti.

A proposito del libro “Radicofani” di Alberto Luchini. Qui c’è davvero aria di novità. Avevo pensato ad una recensione, magari ampia ma pur sempre una recensione. Mi sono reso conto che siamo di fronte ad un testo così ricco di date, di fatti, di personaggi, di eventi storici, di richiami ad opere artistiche e letterarie e quant’altro, che ho deciso di scrivere qualcosa che vada oltre la semplice recensione, qualcosa che potrebbe avere per titolo “Radicofani a partire da un interessante libro” o qualche cosa di simile. Al momento ho già scritto molte pagine; anticipo qualcosa “Va subito detto che questo libro offre molto di più di quello che sembrerebbe essere il mandato delle prime pagine. L’’Autore prende le mosse da come e quanto la costruzione di una variante della Cassia, alla fine degli anni ’60, avrebbe cambiato le dinamiche sociali, turistiche ed economiche di Radicofani. Vedendo la data di pubblicazione, 1970, verrebbe da pensare, con un termine anglofono anzi proprio inglese,  ad un instant book. Per quanto attiene all’attualità non c’è dubbio, ma la ricchezza della descrizione dei fatti storici, geografici, sociali, fa di questo testo uno strumento prezioso per conoscere Radicofani nella sua interezza, ben prima del 1969 e ben oltre i confini delle mura. Parimenti qui non si può parlare di semplice recensione, ma di felice incontro con una narrazione complessa che rimanda a cose conosciute, sì, ma anche e soprattutto alla scoperta di tante interessantissime cose.”

In preparazione, gentilmente richiesto, un testo unito a 44 diapositive da presentare ad un convegno medico. Era tanto che mancava un’iniziativa del genere! Per scaramanzia altro non dico, ma al momento opportuno dirò, anzi scriverò.

Infine ricordo i titoli di lavori in preparazione, che per una serie di motivi non sono ancora completi: “Ricordi ed oblii”, “Marzo, aprile, maggio 2020. Il mondo visto da casa, la casa è il mondo”, “Neologismi e Neologisti”, “A proposito di una raccolta di tavole in base 30 e 44”. Il ritardo è riconducibile essenzialmente ad un fattore comune, ovvero che trattasi di lavori assai impegnativi.

APPENDICE. LIBRI

Nota di aggiornamento libri

Sono rimasto indietro con la lettura, o se si preferisce con le letture. Alcuni libri campeggiano sulla mia scrivania. Forse saranno anche qualcuno di più di quelli che sto citando, ma per il momento metto un punto fermo almeno su questi quattro.

Il primo libro è molto legato alla terra toscana e ai suoi e suoi personaggi famosi sia reali sia immaginari ben riassunti nel titolo: “Un maledetto toscano, Pinocchio, da Carlo Collodi a Curzio Malaparte“. Autore è Mauro Boninsegni che, come si apprende dalla biografia in quarta di copertina è sempre stato affascinato dal personaggio di Collodi; Mauro crea con il testo, ovviamente unito alle immagini, un costante raffronto, un costante parallelo, tra Curzio Malaparte e Carlo Collodi. Lo fa estrapolando frasi dell’uno e dell’altro prese rispettivamente da Maledetti toscani e da Pinocchio, a proposito di temi diversi, dallo spirito toscano al disprezzo, all’ironia e ad altro ancora. Seguirà più ampia trattazione.

Un secondo libro è un libro importante – del resto tutti i libri sono importanti – di un autore famoso e di un’acquisizione curiosa. Si tratta del libro “Il cuore del cacciatore” di Laurens van der Post. L’Autore ha scritto anche una importante biografia di Carl Gustav Jung, una delle mie preferite (Jung e la storia del nostro tempo”, 1976)), e il suo legame con Jung è stato stretto e significativo. L’argomento che più gli ha legati è stato sicuramente l’ Africa. Dicevo che comunque è stata curiosa l’acquisizione di questo libro. Ero in piazza della Libertà a girare tra le bancherelle quando me lo sono trovato davanti, quasi fosse un segno del destino, infatti più volte mi ero riproposto di leggere qualcosa di Van der Post dopo aver apprezzato appunto la biografia di Jung sopra ricordata. Naturalmente ho comprato il libro.

Altro libro, “L’antica chiesa fiorentina dei Santi Gervasio e Protasio e il suo territorio“. è uno dei libri scritti da Gianni Oliveti del quale abbiamo avuto più modo di parlare in altre occasioni, (Tra i vari testi di Gianni ricordo “Gruppo Donatello 60 anni di storia” del 2012 “G: Bandelli & Oliveti Le Cassandre moleste, ovvero poetiche premonizioni sul mondo che muore nei lavori di due artisti Toscani fra il 1969 e il 1985”  del 2019, L’invisibile colore del silenzio del 2011).

Ma torno al testo di Gianni Oliveti dedicato alla chiesa di San Gervasio e Protasio in Firenze. Gianni che ha scritto il libro, e come artista ha approntato le bellissime porte e inserito sue opere pittoriche all’interno della chiesa. Peraltro non è l’unica esperienza del genere di Gianni che ha sue opere in due chiese di Marina di Bibbona. Anche qui c’è una piccola curiosità. Parlando del Mugnone, fiume che l’argomento centrale di un altro libro recentemente letto (“Il Mugnone e i torrenti scoperti o tombati di Firenze” di Pier Paolo Benucci), Gianni mi ha ricordato che anche lui al fiume ha dedicato alcune pagine nel libro su San Gervasio. Nell’occasione Gianni mi ha gentilmente donato una copia del libro. Lo leggerò presto e volentieri ne parlerò.

Ultimo, non ultimo, ma semplicemente quarto in questa trattazione, il libro di Mauro Mari in arte Maris. Dal titolo “Vita… Vita“ è chiaro che si tratta di un’autobiografia scritta al compimento del del settantasettesimo anno. In questo caso non è stata una lettura, ma una rilettura in vita di un mio articolo su Maris che a breve sarà pubblicato su “La Toscana Nuova”.

(possibili modificazioni e ampliamenti)