Ci sono cose che….

“(…) Si impara dall’analisi della propria storia, si impara apprendendo da se stessi e si inizia a coltivare un vizio che ci riporta, se lo desideriamo, ai nostri anni adolescenti (…)”
(Duccio Demetrio, Raccontarsi, l’autobiografia come cura di sé. Cortina Editore 1996, p. 15)

Ci sono cose che sono davvero difficili da raccontare. Ci sono cose che anche chi le ha vissute riesce malamente a far capire (specialmente a persone molto più giovani). Ci hanno insegnato che la storia è fatta di date e di personaggi, ed è vero. E’ relativamente facile ricordare date e avvenimenti relativi a tali date; è facile ricordare anche personaggi, anzi più che facile al punto che dalla memoria del personaggio si risale più facilmente alla storia dell’epoca in cui esso è vissuto.
Ci sono cose che è invece difficile trasmettere: le atmosfere, le emozioni, il clima di vita. Tale difficoltà la ritroviamo anche nel raccontare periodi vissuti in prima persona. Ci sono cose che ci dobbiamo rassegnare a ricordare e riferire solo parzialmente. L’anima di quelle cose appartiene solo a loro. O così sembra. L’anima non si racconta; quante volte abbiamo detto a qualcuno di non trovare le parole per raccontare qualcosa e – appunto – concludere con la frase “È difficile da raccontare, anzi è impossibile”. Eppure quelle cose (viene a mente, per inciso, Marie Cardinal, che chiamava “la cosa” il suo disagio, nel suo libro “Le parole per dirlo”), che non sappiamo raccontare, riferire, noi le abbiamo vissute, le ricordiamo, e attraverso il ricordo le riviviamo.

Composizione (1999 ca)

Quei post che non vorresti mai scrivere

Della serie “Quei post che non vorresti mai scrivere”, che potrebbe chiamarsi anche “in  memoria di Ezio d. C.”

Il ricordo di Ezio è presente, è molto presente. In realtà non si è mai interrotto. Abbiamo (non é un plurale maiestatis, intendo i Colleghi) visto Ezio per tanti tanti anni, fino al pensionamento avvenuto alla fine del 2012. Fino a quel momento, databile precisamente 28 dicembre 2012, Ezio ha goduto di buona salute, ha sempre avuto un ottimo rapporto con tutti. Per ottimo rapporto intendo la capacità di collaborare e coesistere con gli amici e con chi ti apprezza (cosa tutto sommato facile) e anche con chi – a ragione o a torto – non fa scialo di esibizione di ammirazione e simpatia nei tuoi confronti (certamente meno facile). Potremmo dire il miglior rapporto possibile con chiunque Egli avesse a che fare. Troppo facile, si sa, parlar bene al passato, lodare chi non c’è più, ma nel Suo caso si può dire a voce alta, che prudenza e tolleranza gli erano proprie.

Non ricordo di averlo mai visto leticare con qualcuno, anche se certamente qualche volta sarà accaduto; amava parlare con pochi, questo sì, e in questo senso chi scrive può ritenersi un privilegiato. Amava la tecnologia, l’informatica, la musica; aveva praticato e praticava tutte e tre a vari livelli. Insuperabile nel montare e smontare qualsivoglia meccanismo lo rendeva utile e talora indispensabile nel lavoro e nella vita.

Non so se Ezio avesse la cultura del perdono; certamente gli era estranea quella della vendetta e dell’acredine. Sicuramente le tanto citate Tolleranza attiva ed Eccesso di prudenza non gli erano estranee. Anzi.

Difficile davvero immaginarlo trapassato dopo averlo visto presente fino al giorno di quello che dal posto di lavoro doveva essere un arrivederci e non un addio, come, purtroppo, è stato.

Ogni volta che ci troviamo in situazioni di distacco come questa, situazioni impreviste, imprevedibili e perciò inaccettabili, ci poniamo sempre le stesse domande di perchè di per come. Risposta non c’è; non dobbiamo pretendere di trovarla.

Rimane e rimarrà sempre il ricordo, bello, di averlo conosciuto e, soprattutto, di essergli stato amico quando era tra noi. Accanto alla perdita, che c’è ed è notevole, dobbiamo in qualche modo riuscire ad ammettere che con una perdita paradossalmente troviamo qualcosa, attraverso il ricordo, l’esperienza, i momenti condivisi. Per quanto possibile.