Ogni tanto si può scrivere una bischerata?

Sabato qualsiasi, sabato italiano, prime ore del pomeriggio, supermercato.
Mi avvicino alla cassa con una, dico una bottiglia in mano. Davanti a me un obeso e una maxi obesa hanno qualcosa come duecentodiciassette articoli vari. Mi vedono, ma per evitare di dirmi la classica frase “Se ha solo la bottiglia passi pure“, abbassano gli occhi a terra prima e si voltano dall’altra parte subito dopo. Dispongono i prodotti acquistati sul nastro rotante suddividendoli in gruppi che non sanno neanche loro quale sia il criterio; più volte confliggono – questo stava qui, questo stava lì – mentre la fila che si è formata chiede attraverso un rappresentante “Che si deve chiamare un magazziniere?!“.
Quando hanno finito di stendere tutto, l’obeso si rivolge a me (proprio a me!) cercando una sorta di solidarietà contro gli imprecanti che sono dietro a me in fila. Farfuglia qualcosa, qualche luogo comune sui prezzi o non so su che. Taglio corto “Sono contento per lei, ma io che aspetto solo di pagare questa bottiglia, di quanto dice mi interessa il giusto, ma la storia di questo paese vedrà che darà alle sue parole il meritato riconoscimento e un adeguata collocazione“. Ovviamente non ha capito un cazzo. Finalmente finiscono e si allontanano. Io pago la bottiglia, e dietro di me il portavoce della fila “Lei l’è troppo bono; io laveo bellemmandato affanculo“.
Devo essere soddisfatto del primato della diplomazia, o entrare nell’ordine di idee che aveva ragione il portavoce?
Mah!

[Testo da ritoccare]