Preliminarietà e provvisorietà

002Questa frase: “Ovviamente trattasi di appunto assolutamente preliminare, da riprendere e approfondire” è un ottimo starting point (o magari anche una nota conclusiva finale) per decidersi a pubblicare cose che altrimenti rischierebbero di rimanere bozze per tutta la vita. Per analogia viene a mente il consiglio di un giornalista esperto che una volta giunto al “si stampi” non cede a rivedere ulteriormente quanto scritto. Lo stesso giornalista che poi è anche autore di diversi libri,  non guarda filmati televisivi che lo riguardano; se lo fa, raramente, lo fa dopo un lungo periodo di tempo dalla pubblicazione.

Diceva un mio vecchio insegnante (la citazione è davvero molto datata!) che il miglior quaderno d’appunti è peggiore del peggiore dei libri. O, rigirando la frittata, il peggior libro stampato è sempre da preferire al miglior quaderno di appunti. La testimonianza va comunque inquadrata e storicizzata; risale ad un periodo in cui l’informatica era per le ordinarie attività praticamente inesistente.

Pare un ammonimento – forse giusto – alla provvisorietà. Ecco che quella frase ad arte “Ovviamente trattasi di appunto assolutamente preliminare, da riprendere e approfondire” ristabilisce un accettabile rapporto (compromesso?) tra bozza e documento definitivo.

Curiosità & morbosità

E’ comune osservazione come recenti e tragici fatti di cronaca abbiano suscitato morbose curiosità. Eppure, presa da sola, la curiosità è qualcosa di positivo, una dote alla base della conoscenza!

L’esagerata attenzione a fatti di sangue e di dolore altrui potrebbe forse esser riportata a una sorta di meccanismo di difesa (l’assunto di base, estremamente semplificato, è che le disgrazie, come la disgrazia estrema, la morte, riguardano gli altri e non noi stessi!). E’ altrettanto osservazione frequente, del resto, come il “creare disagio nell’altro” sia modalità frequentemente riscontrabile nelle dinamiche interpersonali di soggetti che ricorrono ad aiuto per un “proprio disagio”.

Allora l’altrui dolore, l’altrui disagio, comunque lo si inquadri e qualsivoglia rilevanza abbia, sempre più spesso appare personaggio principale del teatro della vita.

Casi di curiosità morbosa maldestramente mascherati sono reperibili anche a un osservatore non particolarmente esperto. Talora il morbocurioso pone domande di cui giá conosce la risposta, ovvero cerca conferme (oltre che strategia rozza di ottenere, anzi estorcere con l’inganno, informazioni, è una sorta di ipoteca per poter un domani che se ne presentasse l’evenienza, di scaricare sul malcapitato interlocutore la paternità del contenuto del messaggio diffuso). Fortunatamente anche persone non particolarmente esoerte in psicoterapia o in comunicazione possono essere in grado di riconoscere (e quindi evitare) tali ingombranti interlocutori. Hanno di solito un verbale e un non verbale abbastanza caratteristico. Come detto pongono domande, su fatti a loro estranei o incongruenti con loro, di cui conoscono (o credono di conoscere) la risposta e già questa condotta insospettisce, normalmente si chiede conferma di cose oggettivamente rilevanti e/o importanti personalmente. La mimica del volto del morboso è poi accentuata dalla contrazione muscolare eccessiva e da un progressivo avvicinamento della propria faccia a quella del malcapitato.

Ovviamente trattasi di appunto assolutamente preliminare, da riprendere e approfondire.