A proposito de “La festa dell’insignificanza” di Milan Kundera

Questo ultimo libro stavo per definirlo, erroneamente, non un libro, ma un lungo racconto. Così pensavo; in realtà i sbagliavo; la brevità (siamo sotto le 150 pagine e scritte in corpo neanche tanto grosso) del testo è solo apparente. E’ un testo denso, ad “alto peso specifico”, un testo che richiede al lettore un non comune esercizio di attenzione, sì da richiederne una seconda lettura di approfondimento.

Lettura difficile, pur piacevole, dunque (parafrasando Bruno, vecchio artista e critico, oltre che mio vecchio amico, le proposizioni potrebbero essere invertite a piacere!). Alla pur limitata quantità di protagonisti, in definitiva sono quattro e per di più assai diversi tra loro, consegue una certa difficoltà nel distinguerli e riconoscerli durante il racconto, costringendo a verificare il testo delle pagine precedenti (non è escluso che l’effetto sia costruito e voluto). Per la stesura di questa breve nota mi atterrò a due parametri – assolutamente arbitrari – di riferimento: il metro del personale  (il prossimo, il vicino, il familiare fino all’autobiografico), e per contraltare, il metro dei massimi sistemi (il simbolo, i valori, l’assoluto).

Colpisce la bugia “inutile”, afinalistica, ma che poi una qualche finalità le viene riconosciuta.  Uno dei personaggi la  spara davvero grossa quando, dopo essere stato rassicurato dal proprio medico di non essere affetto da una grave patologia che pensava avere contratto, incontrando un amico gli dice invece di essere gravemente malato. Ciò non è cosa così straordinaria; tutti noi abbiamo conosciuto qualcuno che ci ha raccontato cose inverosimili. Oggi tuttavia, nelle dinamiche interpersonali, in corso di richiesta d’aiuto, con una certa frequenza è facile incorrere in racconti di persone che riferiscono di mentire senza ben sapere perchè.

Proprio nell’esame dell’umana condizione (totale o temporanea, o occasionale) di confessare alcune cose solo a se stessi, o, addirittura nel mentire perfino a se stessi, sta, a mio avviso, la forza di questo romanzo, rappresentando ad un tempo un monito o uno sberleffo.
Il lettore non riesce a stare distaccato dalla trama, forse più attaccato alla trama che a un singolo personaggio con cui identificarsi o da scegliere come preferito.

Ci sarebbe tanto, tanto da dire ancora….