A proposito della mostra “Contenitori dell’anima” Opere di Lorenzo Bonamassa e Daria Orlandini. Pensieri e immagini, contenitori, contenuti, involucri.

Pensieri e immagini, contenitori, contenuti, involucri. A proposito della della mostra “Contenitori dell’anima” Opere di LORENZO BONAMASSA e DARIA ORLANDINI

Pensieri e immagini, contenitori, contenuti, involucri. A proposito della della mostra “Contenitori dell’anima” Opere di LORENZO BONAMASSA e DARIA ORLANDINI
“Se possediamo l’immagine di una cosa, possediamo la metà di quella cosa.
L’immagine del mondo costituisce la metà del mondo. Chi possiede il mondo, ma non invece la sua immagine, possiede soltanto la metà del mondo, poiché l’anima sua è povera e indigente. La ricchezza dell’anima è fatta d’immagini.
Chi possiede l’immagine del mondo, possiede la metà del mondo, anche se il suo lato umano è povero e indigente.
Ma la fame trasforma l’anima in una belva che divora cose che non tollera e da cui resta avvelenata. Amici miei, saggio è nutrire l’anima, per non allevarvi draghi e diavoli in cuore.”
(C.G. Jung, Libro Rosso, p. 231)

Se è vero che non c’è esperienza senza immagine, potrebbe essere utile, allorché si immagina o si ricorda qualcosa, e si desidera prendere un appunto, farci accanto anche un disegno di quanto ricordato, immaginato, sognato, è cosa irrinunciabile se tale materiale psichico (non ardimentoso definirlo – in omaggio a due illustri artisti – “contenuto dell’anima“). Questo “appunto” è stato ripreso nella mostra di cui si parla; non con parole, ma con fatti. E’ stato allestito uno specchio in posizione strategica (un corridoio che collega le due sale della galleria); lo specchio offriva al visitatore una frase che appariva loro corretta, ma che in realtà era stata scritta alla rovescia alle loro spalle; lo specchio era corredato di un pennarello affinché il visitatore potesse a sua volta scrivere o disegnare qualcosa sullo specchio.

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Se è vero che laddove c’è analisi deve esserci anche sintesi, laddove ci sono contenuti devono esserci anche contenitori!
Gli Illustri, Daria Orlandini e Lorenzo Bonamassa ben si intendono di anima, di immagini e, soprattutto della loro sintesi/integrazione/dualita/singolarita/doppiezza/complessità.
Tra immagine ed esperienza vi è dunque un legame. Talora un forte collante, talora un esile filo, financo filo interrotto. Sempre è reperibile un accostamento di significato/i.

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Non è definitivo nè assoluto l’assunto secondo cui “la fotocamera riproduce mentre il pennello interpreta“, assunto peraltro facilmente ribaltabile e parzialmente vero (e quindi in parte falso) in tempi e spazi diversi. I tempi possono essere fasi della vita o anche decenni ed oltree, così come gli spazi possono variare dall’isolato sotto casa ad anni luce da qui (dizione presa a prestito, in verità….).
Gli Artisti, che diversamente, ma entrambi sapientemente propongono una personalissima figurazione, approntano una sorta di duetto, che pare però assomigliare più ad un concerto, ove figura umana e materia inanimata (ma esiste qualcosa senz’anima?) si alternano e si fondono ad un tempo tra lente e pennello, tra colore e bianconero, tra immaginazione e ricostruzione, tra riproduzione e interpretazione – diciamolo pure senza paura – tra fotografia e pittura.
Ma ritorniamo al duetto-concerto, che pare riservare ancora una sorpresa: nella complessità e nella diversità inter/intra oper/artisti, ecco ritrovare (da parte dello spettatore, sempre meno spettatore sempre più protagonista), percepire, cogliere la singolarità dei due Artisti, che ancora una volta (e in certo senso a riroso) da orchestra, passando per un coro a due voci, rendono, restituiscoono la propria unicità e singolarità.
Di Lorenzo Bonamassa hanno detto che:
“La fisicità dell’essere umano diventa epicentro di emotività e riflessione. In tutta la sua recente produzione Lorenzo Bonamassa trasfigura il corpo, lo deforma, per amalgamarlo, impastarlo con le emozioni, gli istinti, dando alla casualità del gesto pittorico un ruolo rilevante. Così anche il difetto, l’errore o il brutto, potranno risultare splendidi!”
Dice Daria di sè:
“Ho iniziato a fare foto solo due anni fa e non posso certo definirmi una professionista della tecnica ma alla perfezione della foto in se preferisco la soggettività emotiva– spiega Daria – Mi piace cogliere nei miei soggetti delle emozioni. Per questo ho scelto il bianco e nero per le mie foto perché come dice Ted Grant (1913-2006) “Fare foto a coloro significa fotografare gli abiti, farle in bianco e nero significa fotografare l’anima”.
Il mixer ben riuscito dei lavori dei due artisti offre molti spunti di riflessione. Uno fra tutti a proposito della dimensione spazio-temporale. I quadri di Lorenzo evocano spazi e luoghi che pur sconosciuti sono percepiti come familiari collocabili altrettanto singolarmente in tempi percepibili come prossimi o anche lontanissimi! Le atmosfere delle foto di Daria sono assai coinvolgenti; Colpisce la capacità dell’Artista nel cogliere le persone ritratte in posture ed espressioni a cui è impossibile porsi con indifferenza, ma che al contrario “tirano dentro” alla fotografia. Questo a tal punto che anche le foto in cui non compaiono persone, la presenza umana viene ugualmente percepita.
Ci tolgono, questi due Artisti, dal dubbio del se del forse e del ma, circa la reperibilità di tracce autobiografiche nei loro lavori, non lesinano autoritratti, autoritratti che senza nulla togliere alle altre opere paiono avere un ruolo prioritario lungo il percorso che si snoda lungo le pareti seguendo (o forse proponendo) un programma di lettura.
E forse di più.

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Riferimenti
http://www.obiettivotre.com/eventi/dalle-tracce-alle-persone-storie-ed-emozioni-in-bianco-e-nero-a-firenze/
http://www.lorenzobonamassa.it/
http://moltoesenzafine.iobloggo.com/131/la-mostra/&y=2013&m=05