Ildegarda e il mistero dell’arciere

Ceragioli Elide: Ildegarda e il mistero dell’arciere. Robin Edizioni, Torino, 2018.

Un ringraziamento a Luana Lapi e Fiorella Macchioni, che ci ospitano, che hanno fortemente voluto questa mostra è una mostra ma è anche molto più di una mostra. Quadri, danze, conferenze, libri. Tutto in nome di Ildegarda. Vedi il programma completo:

Una  felice,  inaspettata occasione mi ha fatto conoscere questo testo, e verranno descritte anche  curiose coincidenze legate a tale scoperta.

Ero ad un convegno, quando parlando tra colleghi scoprii che la valente neuropsichiatra era anche altrettanto valente scrittrice. Da qui scaturì l’idea di una presentazione al Donatello. Ma la cosa singolare fu che quando parlai del progetto a Oliveti ebbe a dirmi che già era in programmazione una mostra su Ildegarda a cura di Luana Lapi e Fiorella Macchioni e una conferenza sull’argomento. Questa coincidenza, fu davvero straordinaria.

Figura assolutamente originale, Hildegard von Bingen (Bermersheim vor der Hohe, 1098 ‒ Bingen am Rhein, 17 settembre 1179) è senza dubbio un personaggio chiave nel panorama culturale Medioevale (XII secolo).

Un testo che fin dall’inizio, prima di entrare nel merito della storia colpisce favorevolmente per l’attenzione al lettore, attenzione che l’Autrice concretizza con l’introduzione di una scheda storica e di una preliminare descrizione dei personaggi. Il libro si sviluppa in tre sezioni per un complessivo numero di sedici capitoli: “”Il mistero del lupo mannaro”, “L’arciere  maledetto”, “Misericordia verità giustizia e pace”. l libro è molto avvincente; l’incipit non è del tipo “C’era una volta”, bensì di un momento assai drammatico, quello in cui il giovane Mateus è  vittima di percosse di un padre violento. Proprio nell’incontro con Mateus, che cerca aiuto in convento, Ildegarda si presenta a lui e ai lettori: “Io sono Ildegarda e questa è sorella Anna…”. Da lì in avanti l’avvincente storia piena di mutamenti e colpi di scena, rancori, misteri svelati e altro ancora. Le intuizioni di Ildegarda, la non facilissima convivenza tra la sua comunità religiosa e quella dei “dirimpettai” frati Benedettini, l’evoluzione e il cambiamento di personaggi e situazioni, sempre sostanziate in episodi descritti con grandissima capacità tali da rendere immagine la lettura, fanno di questo testo un romanzo storico, ma anche un thriller, e a mio avviso anche un saggio sulla vita, i costumi, il pensiero dell’epoca. Fra l’altro così come è relativamente “facile” tratteggiare luoghi e personaggi, ben più complesso è far vivere il clima, le emozioni, le suggestioni di un tempo così lontano (si pensi a come è talora difficoltoso riferire esaurientemente a persone più giovani di noi fatti di soli trenta o quarant’anni fa!). E dunque quanto detto per la mostra, vale anche per Elide Ceragioli, questo romanzo è un romanzo, ma anche molto più di un romanzo.

Ceragioli ElideIldegarda e il mistero dell’arciere. Robin Edizioni, Torino, 2018.

Ricordi cinefili a partire da un bel libro

Premessa: il testo di questo articolo non è definitivo!

“Il primo cinema non si scorda mai” (Scramasax, Firenze, 2018) è un bel libro, un testo singolare curato da Fabrizio Borghini e Luca Giannelli, curatori si, ma anche autori di numerosi contributi nell’opera in questione .  Ampio volume riccamente illustrato che attraverso i racconti di oltre cento autori, permette al lettore di conoscere la storia dei cinematografi fiorentini. E attraverso la storia di cinema – elemento non secondario del libro –  si ripercorre anche la storia dei vari quartieri della città, delle abitudini di vita,  dei loro mutamento nel tempo. Del resto il sottotitolo parla chiaro, annuncia e mantiene una promessa: “Trecento sale cinematografiche fiorentine raccontate da centoventisette personaggi“. Si può rilevare che ai centoventisette personaggi che parlano nel libro della propria esperienza personale con il cinema, ad ogni pubblicapresentazione del libro (ne sono state svolte molte, io ho partecipato ad un paio) vanno ad aggiungersi altri personaggi/spettatori, che in occasione della presentazione stessa propongono anch’essi qualche personale ricordo o aggiungono dettagli a quanto pubblicato. D’altronde un libro come questo non può non sollecitare il lettore appassionato nel leggere la storia dei cinema a Firenze,  a ripercorrere con le sale di proiezione fiorentine,  la propria storia personale. E’ una ottima opportunità.

Devo dire che sono rimasto affascinato da questo testo e mi sono reso conto, durante la lettura, come una serie di sale cinematografiche mi hanno visto spettatore, o anche semplicemente mi hanno fatto ricordare di averli usati come punto di riferimento per un appuntamento, o ancora semplicemente di aver ascoltato racconti e trame di film non visti personalmente. Devo aggiungere che pur leggendo  il testo dall’inizio e procedendo regolarmente la lettura pagina dopo pagina, più volte sono stato tentato – e talora ho ceduto! – di andare all’indice analitico (molto dettagliato) a cercare ulteriori collegamenti con quanto appena appreso, luoghi, persone, periodi, o con quanto l’appena appreso sollecitava la mia curiosità.

La delimitazione temporale per un parallelismo tra la mia vita “cinematografica” e quella del libro è quella che va dal 1965, anno in cui sono arrivato a Firenze ai giorni nostri, Ma già che ci siamo voglio vedere di ricordare anche gli anni 1952-1965 che mi hanno visto sarteanese prima e senese poi.

Su Sarteano ho pochi e lontani ricordi. Un unico cinema, il “Cinema nuovo” era all’interno del Teatro degli Arrischianti, dove è rimasto fino al trasferimento nei nuovi locali  intorno agli anni ’70, quando io da tempo vivevo altrove ovvero a Siena e poi a Firenze. E’ probabile che ci sia stato più di una volta, vuoi con i genitori, vuoi con gli amichetti, ma di fatto ho solo due ricordi: uno teatrale e uno cinematografico. Il primo è legato a un veglioncino di Carnevale, il secondo ad una proiezione mattiniera destinata alle scuole elementari.

Siena. Una permanenza abbastanza breve e per di più trascorsa in parte in collegio prima come semiconvittore poi come convittore (ricordo anche che la direzione prima di portare i collegiali al cinema, consultava telefonicamente “La moralità dello spettacolo”). Ricordo un cinema vicino a Porta Pispini, zona dove ho abitato e ricordo di averci visto un Film con Franchi e Ingrassia. Ricordo ancora una mattina al cinema Metropolitan con tutta la classe, o forse addirittura con tutta la scuola, ricordo ancora la benevolenze di un amico, Alessandro, o meglio di suo padre, che in virtù di qualcosa aveva una tessera per accedere gratis agli spettacoli. Di Siena ho ancora un ricordo indiretto; mentre gli alunni aspettavano, in piazza S Agostino di entrare, ce n’era qualcuno che raccontava improbabili avventure avvenute qualche giorno prima all’Impero dove si svolgevano spettacoli di varietà!

E, con il 1965, inizia la mia stagione fiorentina. Inizia fino ad un certo punto in quanto pur essendosi la mia famiglia trasferita a Firenze, io rimasi a Siena, convittore, fino al febbraio 1969, data in cui approdai “a metà anno”  in terza liceo scientifico, al Leonardo da Vinci di Firenze. A proposito di ciò, anche se non fu cinema fu  per me  un autentico spettacolo approdare in un una scuola, il Liceo Da Vinci, con tanto di bar, piscina, posteggio coperto per i motorini! E quindi tra il 1965 e il 1969 nei fine settimana fiorentini ho scoperto i cinema che erano vicino casa: l’Aldebaran in via Baracca, il Puccini nell’omonima piazza, il Cinema Roma di Peretola. A proposito del Cinema Puccini vedi in questo stesso blog “Sembra di scorgere l’insegna luminosa di un cinema”

Il film Helga è stato distribuito in Italia nel 1968 (in Germania dove fu prodotto ome documentario didattico era già uscito nel 1967); si trattò di un film in qualche modo avveniristico, parlava di educazione sessuale,  concepimento,  fecondazione,  nascita. Nel film veniva mostrato anche un parto. Il film divenne famoso anche per i numerosi svenimenti in sala. Io fortunatamente restai in piedi, anzi a sedere sulla poltrona, tuttavia assistei effettivamente a qualche svenimento, il tutto avveniva al cinema Edison. Probabilmente il fenomeno sincopale fu alimentato e ingigantito anche dalla  suggestione che si era creata intorno a tale film. E dal libro di Borghini e Giannelli apprendo o meglio ricordo, che l’Edison ha chiuso venticinque anni dopo Helga, , il 30 aprile 1994.

Sempre nel 1968, ancora senese-collegiale da lunedì a venerdì e fiorentino nei week end e feste comandate,  ho “scoperto” il Cinema Gambrinus, dove avevo punto di riferimento per appuntamento con parenti ed amici. Un classico, in epoca pre-telefonini,  era vedersi al Gambrinus alle tre e mezzo di sabato! Ci ho visto – sono quasi certo che era la prima volta che ci mettevo piede – “Sette volte sette”, un gran bel film con Gastone Moschin, Raimondo Vianello, Adolfo Celi e molti altri, che narra di un colpo “perfetto” che poi perfetto non si rivelerà eseguito da un gruppo di detenuti che evadono per qualche ora, rientrando in prigione, quale miglior alibi, in una Londra deserta, per di più di Domenica, quando tutti sono attaccati alla TV a vedere una partita di calcio. Da qele lonatno 1968 ad oggi naturalmente mi è capitato sia di fissare appuntamenti del tipo “Ci si vede sotto i portici davanti al Gambrinus”, sia di vedere diversi film. Oggi il Gambrinus non esiste più come tale. Al suo posto c’è l’Hard Rock Caffe. In tempi recenti ci sono stato per ascoltare un coro Gospel di cui fa parte una mia compagna di liceo. Ma di questo ne parlerò meglio in un secondo momento.

Un ricordo “paracinematografico”. Quando giunsi a Firenze, negli anni di liceo subito dopo l’alluvione, quindi intorno al 1969 era in voga avere qualche manifesto appeso in camera. I più gettonati erano probabilmente quelli che raffiguravano cantanti e complessi beat (spesso erano contenuti come inserti in riviste come “Big”, “Ciao amici” e “Giovani”), ma erano assai ricercati anche i manifesti cinematografici, reperibili presso i distributori che erano nella zona di via Fiume. Generalmente si poteva accedere a tali conoscendo qualcuno e, se fortunati, si ottenevano anche in regalo. E a proposito di manifesti chi avrebbe mai detto che dopo tanti anni avrei conosciuto colui che dei più bei manifesti è stato  creatore: il grande maestro Silvano “Nano” Campeggi!

E’ in quegli anni stessi che ho conosciuto il cinema Manzoni. molto verosimilmente era il 1969, che poi leggo essere stato anche l’anno in cui il cinema fu inaugurato. Lo ricordo per due motivi. Non esisteva l’attuale sottopasso che da via Mariti porta a Piazza Dalmazia, mi pare che ci fosse un muretto o addirittura una siepe. Sarebbe bello davvero ritrovare qualche foto d’epoca; anzi voglio proprio cercarla! Ma non sarà affatto facile trovarla. L’altro ricordo è legato al bellissimo dipinto murale di Vinicio Berti (citato in Salvadori, 1996) che probabilmente ha acceso in me la curiosità verso quello che sarebbe divenuto uno dei miei artisti preferiti,

Sono certo di aver visto in prima visione tutti e tre i film della cosiddetta “Trilogia degli animali”  di Dario Argento ovvero “L’uccello dalle piume di cristallo” 1970, “Il gatto a nove code” e “4 mosche di velluto grigio” (1971), sono altrettanto certo di averne visto uno dei tre al Capitol, pertanto la mia conoscenza con tale cinema risale a quel tempo. Anche qui il libro di Borghini e Giannelli mi offre un’occasione, quella di leggere la storia del Capitol ben tratteggiata in un articolo dell’amico Riccardo Azzurri, che avrò il piacere di conoscere molti anni dopo!

Un ricordo, anche questo, “paracinematografico”. Può apparire forse strano, ma nel 1972 assieme a molti altri ho frequentato in maniera “atipica” in ore mattutine un cinema della zona di Porta Romana. Nel cinema infatti si svolgevano le lezioni di biologia e genetica del corso di medicina. La sede fu individuata molto verosimilmente per mancanza di aule a fronte di un alto numero di iscritti. E’ passato troppo tempo, sicuramente la zona era quella di Porta Romana, ma non sono in grado di ricordare quale fosse il cinema; forse il Goldoni, forse l’Artigianelli?

Intorno al 1974, ma cercherò di essere più preciso (mi baso sulle amicizie di allora; in particolare i compagni di università e gli esami che con loro preparavo), andai con compagni di studio a vedere un film al cinema Alfieri. Fu un vero spasso. Una banda di ragazzi molto giovani commentavano il film a voce alta (devo dire che pur turbando la visione era prevalente la simpatia sul disturbo!). Nello schermo appare un primo piano di un attore che indicando una spiaggia dice “Il mare!”, poi guarda verso il cielo e felice dice “Il sole!”. Dalla platea si leva una voce: “Allora t’hai studiao!” Scroscio di risa! Dopo un po’ sullo schermo compare una scena in cui un gruppo di di persone ballano in discoteca, e qui il pezzo di bravura di un ragazzo che monta sul palco e si mette a ballare anche lui! Risate e applausi! Non sapevo (o non ricordavo) che nel racconto di Pratolini “Una giornata memorabile” inserito nel “Diario sentimentale” è descritta una situazione analoga; ce lo ricorda Borghini, citando le parole con cui Vasco Pratolini parla del cinema Garibaldi: “E il pubblico era un pubblico che per gridare, berciare e spernacchiare più intelligentemente e tempestivamente altro non v’è“. Della serie quando accade qualcosa c’è sempre qualcuno che l’ha fatto già!

Ricordi sparsi, in realtà da verificare almeno in parte e da sviluppare in seguito aggiornando questo articolo: Il “Cinema in piazza” a Sarteano anni ’50 – Sarteano, prima che nascessi, legò il suo nome al film “Il Cristo proibito” di Curzio Malaparte,; a Sarteano infatti furono girate varie scene – L’appuntamento domenicale al cineforum Alfa 62 – RHPS al cinema universale – Cartoni animati chissà dove con Andrè e Fulvio – Sette volte sette al Gambrinus – 2001 odissea nello spazio verosimilmente al modernissimo – La grande abbuffata (all’Ariston?) con Mauro venuto da Milano, Ferruccio e qualcun altro – Il cinemino Roma di Peretola – Helga all’Edison con svenimenti vari. – Amici miei storia Fiorentina in tre atti anche se fondamentale resta il primo del 1975; molti di coloro che viveva  a Firenze allora  ha avuto un amico o un parente che ha fatto la comparsa. Personalmente ne annovero due, entrambi partecipanti alla scena degli schiaffi alla stazione – Arancia meccanica e lunghe file per vederlo – Cine Nuovo del Galluzzo, in occasione a far benzina nei pochi distributori aperti (forse solo uno) in via Senese. – Ritrovarsi alla tale ora davanti al tale cinema – etc etc etc etc

CONTINUA !!!!

Riferimenti

Azzurri Riccardo: ”Ho imparato ad andare in bicicletta nella cabina del Capitol e a fare casino al cinema all’Alfieri”  in: Borghini F.,  Giannelli L. (a cura di): Il primo cinema non si scorda mai. Pag.  34

Bietoletti S.: Cinema Manzoni. In: Salvadori Guidi Daniela (a cura di): Guida alla scoperta delle opere d’arte del ‘900 a Firenze, Ed Leo S, Olschki,  1996, Firenze, pag. 232

Borghini Fabrizio: “Il Garibaldi, il cinema di Vasco Pratolini”   in: Borghini F.,  Giannelli L. (a cura di): Il primo cinema non si scorda mai. P. 49

Paciscopi Leopoldo : ”Dal Cinema nei tendoni dei circhi alla critica militante” in: Borghini F., Giannelli L. (a cura di): Il primo cinema non si scorda mai. Scramasax, Firenze 2018, pag. 14 

Pratolini Vasco: Diario sentimentale (1947), BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2012

Salvadori Guidi Daniela (a cura di): Guida alla scoperta delle opere d’arte del ‘900 a Firenze, Ed Leo S, Olschki,  1996, Firenze.

Addio cari vecchi cinema, spazzati via dalle multisale

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