La bicicletta a vela di Francesco Corsi

It was me, Elvis, The Clear, Clear Valley, 

and another whose identity 

I don’t know, running down the slope like rabid dogs

(anonymous)

Francesco Corsi, La bicicletta a vela. Racconti di gioventù e oltre. Editoriale Le lettere, Firenze, 2023

Un bel libro, non c’è dubbio, scritto bene, un titolo “a sorpresa” e anche di ciò non c’è dubbio. Il testo parla di biciclette, sì, ma non ci si aspetti la parabola dal triciclo alla bici da corsa passando dalla 22 alla 28 e dalle rotelle accessorie al cambio a 5 rocchetti e due moltipliche. Le biciclette, o meglio la serie delle biciclette,  sono piuttosto il punto di partenza per raccontare le varie esperienze della vita: svago, avventura, novità, lavoro, indipendenza e libertà. Le biciclette dunque ci sono, ma c’è molto di più!

Le biciclette possono, a mio personale modesto parere, suggerire metaforicamente il viaggio della vita dell’Autore. Forse c’è un messaggio per il lettore; l’invito a raccontare il il proprio viaggio, non necessariamente scandito dalle biciclette!

Corsi propone un mondo che oggi è molto meno presente o forse non esiste più, ma che è nella memoria di molti quantomeno per aver raccolto i racconti di parenti più attempati. Un mondo di quando le ferie estive duravano tre mesi, ovvero il periodo delle vacanze scolastiche. Vacanze che per i fiorentini si svolgevano di solito in Versilia. Nel caso del Nostro la meta estiva era Marina di Pisa. Un mondo in cui non c’erano supermercati, ma botteghe dove oltre agli acquisti si parlava, ci si chiedeva reciprocamente notizie dei propri cari; un rapporto umano purtroppo quasi totalmente scomparso.

Da segnalare, in fondo al libro, “ultime ma non ultime” alcune poesie di cui due dedicate al Tramonto, altre all’Estate, alla Luna, altre ancora a vari momenti dell’esistenza. È probabile che la produzione poetica del Corsi sia ben più vasta.

Ma torniamo al testo. Tanto, troppo ci sarebbe da scrivere, i limiterò ad accennare ad alcuni dei tanti episodi narrati dall’Autore.

Numerosi gli eventi, le persone, i luoghi descritti e ricordati; uno scrigno pieno di memorie dell’Autore che fanno venire a galla inevitabilmente anche quelle del lettore, che pur in altri luoghi, in altri spazi in altri tempi trova delle analogie, delle similitudini. Peraltro – ma è una mia personale idea – le biografie e le autobiografie possano servire anche a rievocare la propria storia in relazione a quella da altri narrata, operazione che talora rivela insospettabili analogie e relazioni, e promuove la scoperta di ulteriori ricordi, ricordi che altrimenti non sarebbero forse riemersi.  Ma vediamo il Nostro che si racconta nel suo percorso da studente ad affermato professore Universitario.

Il ritorno in città, un evento. L’Autore ne descrive le fasi che paiono veri e propri rituali. Va tenuto presente che, come ricordato, le vacanze duravano praticamente l’intera estate, e il rientro era contraddistinto dai complimenti per l’abbronzatura, a cui verso i  bimbi si aggiungevano quelli per la crescita (come sei diventato alto!). Il ritorno in città prevedeva anche il cambio degli armadi consistente non solo nel cambio degli abiti estivi con quelli invernali, ma anche – con l’aiuto della sarta – a modificarli (come oggi si dice per telefoni e computer a “ricondizionarli”.

Le medie – Il ginnasio. In ogni biografia scritta, ma anche raccontata a voce, la scuola ha sempre un posto importante e in particolare vengono ricordati come pietre miliare i passaggi: dalle elementare alle medie e dalle medie alle superiori. In questo caso un passaggio in più: quello dal Ginnasio al Liceo. Ma il pensiero scolastico forse più condiviso è quello dal passaggio dalle medie alle superiori, passaggio che dopo esser stati i più grandi, fa nuovamente ritornare ad essere i più piccoli. 

Ben tratteggiate alcune persone del mondo scolastico, come quella del professore con un intercalare singolare: “veroè”. Gli intercalari più diffusi che vengono a mente sono “vero”, “naturalmente” “diciamo” “come dire”, poi ce ne sono di meno frequenti come appunto il succitato “veroè” che sinceramente non conoscevo. Conoscevo invece “menomamente”, avverbio che usava spesso una mia insegnante delle medie; la cosa curiosa è che tale professoressa parlava un italiano perfetto e aveva una cultura umanistica enorme, ma “minimamente” proprio non le veniva, preferendo il pur corretto, ma raro ed arcaico “menomamente”.

La bicicletta a vela, che dà il titolo al libro, è un’esperienza di fine anni ’40 del Nostro, che assieme ad un amico mette in atto. Sulla scorta del fatto che le barche sfruttano il vento per muoversi, perché non tentare anche sull’asfalto ciò che avviene in mare. E’ così che viene allestito un prototipo costituito da due biciclette affiancate e unite da una barra trasversale sulla quale viene applicato un singolare albero maestro con annessa vela. L’esperimento non riuscì completamente, ma non voglio rivelare il finale e lascio al lettore la sorpresa. Forse i due  inventori si erano ispirati a Leonardo da Vinci che di macchine se ne intendeva e forse a Raimondo de Sangro (1710-1771) che aveva messo in atto una speculare invenzione: la carrozza anfibia o “Carrozza marittima” ovvero una struttura lignea che in mare dava l’illusione di essere trainata da cavalli (che altro non erano che sagome di sughero), manovrata da pedali nascosti, che, se osservata dalla riva dava l’effetto di solcare le onde. 

Assai originale, fin dal titolo anche in questo caso, il capitolo finale “Scampoli di gioventù e oltre”. Sono piccoli flash: un’avventura reale ed in parte  immaginaria ad un tempo della durata di qualche minuto e di qualche centinaio di metri, vissuta all’interno dell’abitacolo dell’auto,  mediata dallo specchietto retrovisore e dal lunotto posteriore, iniziata in una coda di auto e terminata ad un semaforo dove le strade si sono divise. Non meno interessanti gli altri due flash; la dinamica anzi il viaggio di un foglio di carta antropomorfizzato che dalla scrivania, librandosi in aria mosso dal vento va a planare sul pavimento. L’ultimo flash “colleziona” in due pagine frasi ricorrenti, luoghi comuni, ricordi di volti e di loro particolari espressioni, spezzoni dattiloscritti, tasti di macchine da scrivere e tanto materiale  ancora pescato nello studio di avvocato nel periodo del praticantato.

E si potrebbe continuare…