La riscossa delle terrazze

Attenzione, testo provvisorio pieno di errori di correggere. Eventuali lettori siano clementi!

Mi son messo in terrazza a sedere su una poltroncina pieghevole. In tanti anni che vivo in questa casa non ho ricordi di essere mai stato in terrazza a sedere. Peraltro non avevo neanche da sedere perché la suddetta poltroncina, che poi è più corretto definire seggiolina pieghevole, è stata acquistata recentemente. Riassumendo, o forse concludendo, ci voleva la pandemia e la conseguente permanenza tra le quattro mura ovvero il lockdown, per riprendere l’abitudine di stare in terrazza a sedere e per acquistare la seggiolina pieghevole (in realtà ne abbiamo comprate due).

Non mi ero mai reso conto quanto fosse comodo stare sul balcone (tanto per non chiamarla ancora una volta terrazza). Anche se sicuramente esiste una differenza tra terrazza o terrazzo che dir si voglia e balcone. Fra terrazza e terrazzo pare che il genere cambi a seconda di forma e dimensioni; non saprei dire di più. Il balcone poi dovrebbe esser tale se fuoriesce dalla facciata; se è incluso dovrebbe invece esser terrazza.

Mi e’ venuto in mente per associazione di idee pensando ad una diatriba svoltasi tra due contendenti per la diversa interpretazione di un’apertura sul muro che per l’uno era una finestra, per l’altro un affaccio. Come portano lontano, anzi come porta lontano (così non lo sto a correggere magari lo faccio dopo e chiedo venia all’eventuale lettore per questo ed altri errori) una storiella sulla terrazza! Preciso che la storia del conflitto condominiale finestra-affaccio non l’ho sentita ad un convegno di geometri, bensì ad una lezione della scuola di specializzazione in psicoterapia (il contenzioso evidentemente aveva cagionato sofferenza, ma di più non ricordo, mentre ricordo bene l’ilarità suscitata dal racconto; il docente era sì spiritoso, ma anche preparatissimo, e forse proprio per questo poteva permettersi digressioni spettacolari).

Senza scomodare illustri siepi escludenti, ne’ tantomeno illustri bui siti oltre altrettanto illustri siepi, sedere e guardare lontano, su una seggiola, in terrazza, in silenzio, permette davvero di vedere lontano, e di autosottoporsi a dei  bei anzi dei begli esercizi mnemonici. La casa laggiù in fondo che non esisteva, la bottega dove vendevano prima tutt’altro, quel campanile che, non me n’ero mai accorto, appare davvero più vicino di quanto non sia veramente, è, questa la vera novità, quante sedie sdraio, quante seggioline, quanti tavolinetti, quante persone in terrazza!

Chissà se poesie importanti, racconti importanti, libri importanti siano stati pensati in terrazza, o almeno in terrazza ideati. Ah saperlo.

Ti vengono in terrazza pensieri che se non li fissi subito ti fanno marameo e se ne vanno. Un po’ come avviene con certi sogni, che nel dormiveglia ti sfuggono, ma talvolta riesci a “richiapparli”. Ricordi dunque, ricordi vari; più o meno importanti. Ma se ricordi sono, una importanza, un significato devono averlo. Cose fatte, cose da fare, volti dimenticati, lavori, studi, scuole, aule, viaggi, vacanze, paesi, città, canzoni. L’aria seria e triste di questi giorni di pandemia invita a riflettere su questioni ben più ampie, il bene il male, il sommo bene, la privazione del bene, il male inutile….

Pensieri liberi, liberissimi, associazioni di pensiero anch’esse libere. Ricordi, persone, fatti privati e pubblici, analogie, antitesi. Viene in mente il fantastico “Asparagi e immortalità dell’anima” di Achille Campanile. E guarda un po’ dalle terrazze dove si va a finire. È questo scritto che pensavo addirittura di scancellarle finisce col piacermi.

Che anno era quando, dove ero quando, cosa stavo facendo in quel periodo, cosa ero andato a fare la’ e cosi via (e intanto accenti ed apostrofi vanno a farsi fottere). A proposito di fottere mi viene in mente uno che ad andare a farsi fottere veniva regolarmente mandato da me ed altri studenti per il suo viscido atteggiamento e la esagerata ruffianeria verso il suo superiore che lo rendeva davvero poco simpatico. Tuttavia un pregio lo aveva (comunque attenzione a trovare i pregi a tutti oi costi). Il pregio consisteva nel consiglio che dava circa scrivere scrivere e scrivere a ruota libera senza troppo preoccuparsi di forma e grammatica, che tanto c’era tempo per correggere. Il consiglio lo dava forse piu per autobiografismo che altro, ma. forse aveva ragione.

Disse il Maestro che non sapeva che viso avesse e nemmeno come si chiamasse il protagonista di un evento (cantato e. noto alla mia generazione). Io invece non so che articolo sia questo e nemmeno se abbia un senso pubblicarlo. Viene in mente Marcello a proposito di un autore di un testo originale e inconsueto: “...in questo senso … diventerebbe addirittura con pieno diritto e d’autorevolezza il capostipite di una nuova corrente.”

Ma essendo in terrazza, scrivendo un po’ a ruota libera, dichiarando anticipatamente che ci sono tanti errori, dei quali mi scuso anticipatamente. riproponendomi di correggerli quanto prima, inauguro una nuova modalità e lo pubblico.

QUI PIU’ CHE MAI  VALIDA PRECISAZIONE CHE SI TRATTA DI TESTO PROVVISORIO

Letture e citazioni

Achille Campanile, Gli asparagi e l’immortalità dell’anima, La Scala, Milano, Rizzoli, 1974.

 

La storia del calzascarpe e del “Corvo parlante”

La storia del calzascarpe e del “Corvo parlante”.

Molti anni fa lessi vari articoli sulla “somiglianza” tra alcuni test psicologici e giochi enigmistici, e analogamente,  sulla benefica influenza dell’enigmistica sulla sfera cognitiva, dall’attenzione alla memoria, al riconoscimento di oggetti, allenamento al calcolo, all’associazione tra parole, e quant’altro.

Proprio in questi giorni ho ritrovato uno si quegli  articoli, che trovo ancora interessante.

Molto più semplicemente qui racconterò la breve storia del calzascarpe e del “Corvo parlante”. Si allude ad un oggetto di casa di uso frequente e ad un gioco famoso che è una delle icone della Settimana Enigmistica: Il “Corvo parlante”.  Si tratta di un quiz grafico, presente sulla rivista da tempi immemorabili, un quiz che scopro avere anche blog e pagine social dedicate! Esiste peraltro un quiz della Settimana altrettanto famoso, il “Quesito con la Susi” disegnato dallo stesso autore, Horst von Möllendorff (1906-1992).

 

 

 

 

 

 

 

Ma torniamo al nostro  corvo che  parla, sì, ma dice cose inizialmente incomprensibili,  parti di frasi che devono essere ricomposte, per avere un senso compiuto. Una volta decriptato il messaggio del corvo, si seguono le indicazioni, che, generalmente consistono nel trovare qualcosa che è smarrito da qualcuno, sparito, spaiato, e comunque fuori posto. La ricerca è resa difficoltosa dalla moltitudine di oggetti fitti fitti, stipatissimi, presenti nella vignetta.

In casa mia non c’è il corvo, ma c’è un calzascarpe, peraltro di ragguardevoli dimensioni, che riesce a sparire ciclicamente, per essere ritrovato dopo un po’ di tempo, generalmente in posti neanche poi stranissimi. Ogni volta che tale oggetto scompare mi viene in mente il Corvo che sembra dire CARPEIO EILCALZAS ILMENTE IMOCASS INITISERV PERINDO SODOV’E’ SSAREFAC! Al ritrovamento viene detta la frase rituale “La casa nasconde ma non ruba”…. 

Solo per curiosità, succede solo a me o anche a qualcuno di voi?

Infine il riferimento bibliografico dell’articolo di cui parlavo, per chi volesse leggerlo:

C.M. Pietroiusti, Proiezione o psicologiaRivista di Psicologia dell’Arte, Anno IV, nn. 6/7 Giugno-Dicembre 1982, pagg. 25-40