Sembra di scorgere l’insegna luminosa di un cinema.

Sembra di scorgere l’insegna luminosa di un cinema“. Così iniziava il testo di una presentazione di una mostra di un artista. Ci sono delle frasi che ti rimangono in mente forse inspiegabilmente, forse inaspettatamente, ma ti restano in mente. Ma torniamo alla scritta luminosa, o meglio alla sua citazione.
Ricordo l’artista e l’estensore del pezzo, ma non i loro nomi. Li rivedo l’uno più giovane di fronte all’altro più maturo, il giorno della vernice, entrambi eleganti come si fa (anche se non è obbligatorio)  alle inaugurazioni. Potrei addirittura ricordare l’argomento di cui parlavano e la loro gentilezza ad invitarmi alla discussione, che verteva su Berti (Vinicio, il pittore, non Antonio lo scultore) e sull’astrattismo classico. Ma i nomi dei miei interlocutori proprio non li ricordo (penso che pur essendo passato molto tempo potrei riconoscerli). Ricordo invece il cinema a cui l’autore del testo si riferiva. Era inequivocabilmente il Cinema Puccini, oggi in realtà Teatro Puccini. Ci sarebbe da dire assai; la storia inizia ben prima. I locali dell’attuale teatro, prima ancora abbiamo visto essere cadibiti a cinema, ma ancor prima, esattamente il 5 novembre  1940 furono inaugurati come spazi del Dopolavoro della Manifattura Tabacchi, e restando in tema di arte – da cui in definitiva siamo partiti – va detto che tali locali sono impreziositi da un bel bassorilievo di Francesco Coccia (vedi riferimento bibliografico). Ma torniamo alla scritta luminosa.
La scritta luminosa era riprodotta in un quadro di piccolo formato e dai colori vivacissimi.
beholdersRicordo la mostra, una bella mostra, una mostra del 1992 (come passa il tempo). Mi piacerebbe rivedere quel quadro, parlare con quelle persone, rivivere quel l’atmosfera delle gallerie d’arte così come erano nel 1992 (e già allora non pochi dicevano che l’arte espositiva aveva subito modificazioni non da poco rispetto agli anni precedenti).
Frequentemente passo da via Baracca in auto, talora anche a piedi, in direzione centro; l’ultimo tratto è riservato ai mezzi pubblici, pertanto le auto dei privati devono svoltare a destra e chi è a bordo può scorgere un teatro che porta il nome di Giacomo Puccini e che un tempo era (anche) un cinema. Speriamo che viva ancora per molti molti anni.

(Articolo non terminato)

Letture

AA. VV. in “Trentamila centimetri quadrati di colore“, Catalogo della Mostra, Gruppo Donatello, 1992

Barlozzetti Ugo: ”ll lungo percorso di un cinefilo, dall’intensa frequentazione delle sale fiorentine all’approdo al Circolo di CulturaI” in: Borghini F., Giannelli L. (a cura di): Il primo cinema non si scorda mai. Scramasax, Firenze 2018,  pag. 108

Barlozzetti Ugo: ”L’incubo Belfiore Estivo” in: Borghini F., Giannelli L. (a cura di): Il primo cinema non si scorda mai. Scramasax, Firenze 2018, pag. 328 

Cappugi Luana: Cinema-Teatro Puccini. In: Salvadori Guidi Daniela(a cura di): Guida alla scoperta delle oper d’arte del ‘900 a Firenze, Ed Leo S, Olschki,  1996, Firenze. Pag 7.

 

Tempi e cose a margine di chiacchierata

Certe volte si scopre l’acqua calda. È un modo di dire, ma come altre volte sentito (e non a sproposito!), porre l’attenzione su qualcosa di scontato e naturale, è molto di più che scoprire l’acqua calda.
Il mio amico Bruno ebbe a scrivere tanti anni fa che un professionista praticava l’arte nei momenti “estranei” alla professione. Mi colpì molto che avesse usato la parola “estranei” e non quella di “liberi”.
Un altro amico, con due passioni diverse ma entrambi importanti diceva che ne praticava una in pubblico è una in privato, ma poi si riprese – giustamente – e si accorse che meglio avrebbe descritto la cosa come pratiche in pubblici diversi, ovvero pubblici mirati, preferenziali, scelti, individuati o quant’altro.
Rimettendo insieme il tutto sono entrato nell’ordine di idee che non è tanto importante avere pubblici diversi per diverse passioni, ma forse è pericoloso, o quantomeno dannoso, introdurre elementi di una passione presso il pubblico di altra passione. Ho capito forse cosa intendeva Bruno per “tempi estranei”!

(Articolo non definitivo)

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