E m’immagino la scena (come no!)

E m’immagino la scena (come no!). Titolo o forse incipit tratto da altro un vecchio articolo, non ricordo più quale né quale fosse l’argomento trattato (quasi “non so che viso avesse, nemmeno come si chiamava…”! Potere della memoria!). Un titolo (o un incipit!) per parlare, attraverso un’esemplificazione della vita quotidiana, di come l’immaginazione possa talora concretizzarsi in fatti reali, in accadimenti (a dispetto del detto secondo cui la realtà supera la fantasia, che pure ha in diversi casi una sua ragione di esistere).
Un fatto dunque come quello che ha avuto ieri come protagonisti dei vecchi amici/vecchi colleghi – nel frattempo diventati amici vecchi e colleghi vecchi – a parlarsi addosso l’un l’altro per confermarsi quanto già sapevano pur non avendo mai avuto coscienza di averlo saputo! (Ah, quello che ci ripetiamo tutta la vita!)
I colloquianti sono ieri riusciti a a citare e scomodare perfino Flambeau, il famoso personaggio nato dalla penna di Gilbert Keith Chesterton; qui abbiamo un Flambeau nella sua declinazione di perfido (non ancora redento come avviene nella serie dei racconti). Flambeau appunto fu fulminato sulla via di Damasco e da criminale incallito divenne amico e collaboratore di padre Brown, ministro del culto con l’hobby dell’investigatore.
Nella chiacchierata tra “reduci” emerge infatti un Flambeau “de noaltri”, di cui si narrano le gesta, mai positive, spesso nefaste, ma talora rese curiose dalla spavalderia da simpatico mascalzone (i simpatici mascalzoni tuttavia sono simpatici solo a chi le mascalzonate non le riceve!).
Per questo breve brano – che può sempre essere allungato – avevo pensato anche un sottotitolo che però non ricordo (peccato perché era efficace. Sempre appuntarsi le cose!).
Per la cronaca Flambeau (quello vero, o meglio quello creato da Chesterton) è stato citato nel discorso, ricordando un racconto in cui egli (ancora militante tra i mascalzoni) compie un furto spettacolare durante un pranzo di gala,facendo credere agli invitati di essere un cameriere e contemporaneamente facendo credere ai camerieri di essere un commensale.
Per questo brano ho un dubbio: romanzarlo e arricchirlo di particolari fantasiosi o aderire alla realtà? C’è da pensarci perché si rischia che biografie di Flambeau “de noaltri” e accadimenti tragicomici disseminati dagli anni 90 ad oggi rischiano di farci perdere l’orientamento e la sicurezza di stabilire quale è il vero e quale l’inventato!
Ma il colloquio di ieri era un malinconico “come eravamo” o un progetto di soggetto teatrale? Ah, saperlo!

(testo provvisorio)

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