A proposito di un quadro e di un racconto

A proposito di un quadro e di un racconto

Una (fra le tante) caratteristiche dell’opera d’arte, forse una vera e propria funzione, è quella di trasmettere emozioni al fruitore, di attivare la fantasia, talora la memoria.

Si pensi alla Sindrome di Stendhal, ovvero quella impetuosa esperienza emotiva a cui taluni vanno incontro di fronte alla bellezza di un’opera d’arte. Ma la sindrome di Stendhal appartiene ai massimi sistemi, ma ricordi, emozioni, fantasie possono essere attivate anche da opere più comuni, più ordinarie.

Qui un piccolissimo esempio, un’sperienza assai semplice, che probabilmente molti hanno provato, e provvisoriamente definibile “Quando un dipinto ti fa venire a mente qualcosa”.

Ho, appeso ad una parete, un delizios quadro, di piccolo, formato un 30 × 30. Vi è rappresentato un gruppo di otto uomini; tutti in piedi, tutti vestiti di blu elegantemente.

È da sempre che l’immagine del quadro evoca in me un ricordo legato ad un racconto di Gilbert Keith Chesterton, il creatore di Padre Brown, il sacerdote che oltre ad essere buon ministro del culto è anche ottimo investiagore. Il racconto a cui mi riferisco è raccolto assieme ad altri nel libro “Le avventure di Padre Brown”.

Va detto che ho scoperto il libro ben prima della trasposizione televisiva del 1970, che vedeva Rascel nei panni del prete investigatore e Arnoldo Foà in quelli del criminale Flambeau, che però criminale rimane per poco, ravvedendosi e diventando collega ed amico di padre Brown.

Ho scoperto infatti padre Brown qualche anno prima, nel 1964, per merito di una illuminata insegnante che in seconda media propose a me e ai miei compagni di classe come libro di lettura proprio il testo con le avventure del singolare prete.

Ma torniamo al quadro e a quanto esso mi evochi in qualche modo la oramai datata lettura. In particolare si tratta di un passaggio di un racconto, e sarebbe opportuno riuscire a ritrovare il titolo, di quando Flambeau – abbiamo visto inizialmente criminale poi redentosi e collaboratore di. Padre Brown – si reca, o meglio si infiltra in una elegante festa di gala per rubare qualcosa di prezioso. Nei saloni della festa Flambeau, si mescola ai presenti, usando un colpo di genio che mi è sempre rimasto in mente: attraverso l’abbigliamento indossato (abito completo scuro elegnte), attraverso i comportamenti, muovendosi abilmente studiando spazi e tempi, riesce a far credere ai camerieri di essere un invitato e agli invitati di essere un cameriere. Non ricordo come va a finire, sono sincero, ma questo ricordo del singolo che riesce a diventare doppio mi è sempre rimasta in mente, anche, vedendo quel piccolo quadretto. Confesso però che non ho mai capito quale delle otto persone sia Flambeau. Che sia riuscito a confondersi tra i vari personaggi anche nel quadro?!

PS Non trovo più il libro e quindi pur ricordando quanto sopra ho scritto, non sono in grado di riportare il titolo del racconto. Qualcuno magari lo ricorda?

PPS Qualcuno vuole raccontare un proprio ricordo legato a un quadro?

Appendice. 14 Marzo 2022, Molte sono state le risposte, pertanto a breve aggiungerò una sintesi dei messaggi e delle telefonate ricevute. Cito solo il nome, non il cognome, degli Autori, salvo loro diversa indicazione.

Annamaria, grande appassionata di lettura, mi ha consentito di risalire all’episodio citato che vede protagonista Flambeau nei racconti di Padre Brown. Si tratta del racconto “Gli strani passi” e il passo (scusate il bisticcio) che ricordavo è il seguente: “Il momento più difficile fu quando i camerieri si misero in fila; ma anche allora fece in modo di appoggiarsi al muro proprio sull’angolo, cosicché, in quel momento importante, i camerieri lo credettero un signore, e i signori un cameriere.”

Gabriella ancor prima di scrivere mi ha telefonato e mi ha riferito un suo lontano ma vivido ricordo. Ricorda come si sia prima incuriosita e poi invaghita di un quadro attaccato ad una parete di casa che rappresentava una veduta della città di Anversa ed è successivamente andata visitarla. Probabilmente senza quel quadro, quel viaggio non sarebbe mai avvenuto!

Un altro amico, Carlo, ha avuto un’esperienza molto simile alla mia con un quadro presente in casa da sempre attivando ricordi e immaginazione. Ecco la descrizione: “Si tratta di una scena di caccia: un cacciatore che spara, un cane che corre a recuperare una lepre che colpita si rotola nel prato. Siamo nei primi anni cinquanta, il quadro era appeso in una piccola bottega del mio paese. Tutte le volte che entravo accompagnato da mia madre, la prima cosa era quella di posizionarmi ” in estasi” di fronte a quel quadro. Sono trascorsi circa settanta anni, ma ho ancora nitido il ricordo di ogni particolare del quadro e se chiudo gli occhi riesco a ricordare ancora l’odore di quel piccolo emporio, dove la la titolare, una donnina minuscola con i capelli raccolti in un piccolo picchio, con gli occhiali appoggiati al termine del naso, vendeva un po’ di tutto: frutta, dolci, paste, brioche, castagnaccio, lupini, piccoli giocattoli, pistole ad acqua, fucilino con fulminanti, palline di vetro multicolori e, per coloro che non se lo potevano permettere, c’erano le palline di terracotta colorate, che da noi si chiamavano “chiocche”. Ecco che ripensando a quel quadro mi sono tornati alla mente una serie di ricordi della mia infanzia

Ho scoperto poi che un altro amico, Marcello ha avuto anche lui il testo di Chesterton con le avventure di Padre Brown come libro di letture alle medie. Considerand che Marcello ha qualche anno pià di me, noto con piacere che anche altre insegnanti, oltre alla mia, avevano apprezzato il testo di Chesterton.

Ho avito ancora altre risposte e ci sarà modo di parlarne.

Riflettevo sul fatto che c’è ancora qualcuno che si ostina a dire che rete internet, social e informatica in genere non servono a nulla!!!! Mah

One thought on “A proposito di un quadro e di un racconto

  1. Dello stesso autore avevo un libro (non lo trovo più) “L’uomo che fu giovedì” e ricordo solo che la scena finale, con qualcuno che scappa in mongolfiera, mi pare, mi lasciò con diversi interrogativi. Ero giovane e chissà, forse volevo vederci simbologie e metafore a cui Chesterton magari non pensava nemmeno! Gianni

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