Da “Appunto per Finestre che si affacciano sui muri” a “Finestre che si affacciano sui muri … e non solo”. Appunto!

Da “Appunto per Finestre che si affacciano sui muri” a “Finestre che si affacciano sui muri … e non solo“. Appunto!

E così, un progetto iniziato il primo agosto 2019, attraverso un lavoro di rete in larga parte svolto anche su questo blog, si è materializzato il primo febbraio 2020. Si parla di una mostra di immagini che hanno per tema (verrebbe da dire per protagonisti) due elementi: finestre e muri.  Più esattamente “Finestre che si affacciano sui muri”. L’idea partiva da alcuni ricordi personali. Con una certa sorpresa ho notato che tali “Finestre che si affacciano sui muri” si tanto in tanto si riproponevano. Dopo aver familiarizzato con una, la prima,  nel lontano 1955 in casa mia, ne ho notate altre nel tempo, spesso con sorprendenti somiglianze. Con altrettanta sorpresa ho poi scoperto che tali immagini avevano incuriosito anche altri. Allargando il discorso poi, ho avuto modo di constatare quanto i tema delle finestre sia stato trattato da fotografi, pittori, incisori, e scultori. Alla luce di ciò facendo il progetto iniziale si è un po’ modificato, è vero, ma in qualche modo, pur con qualche variante in corso d’opera, si è realizzato.

Per la storia del progetto vedi: Appunto per “Finestre che si affacciano sui muri” 

Doveva essere una mostra fotografica su “Finestre che si affacciano sui muri“, è diventata una mostra  “nonsolofoto” e i muri non hanno rappresentato l’unico soggetto visibile affacciandosi alla finestra. Peraltro è sorta anche una vessata quaestio circa l’antitesi vs sinonimicità di “aperte dal” vs “aperte sul” per non parlare poi di “aperto” vs “affacciato” e così via…   D’altronde la dialettica è sintomo di vivacità e partecipazione, E dunque va bene così!

Il risultato finale: oltre cinquanta opere fotografiche, pittoriche, e persino alcune sculture realizzate da oltre trenta partecipanti.

Artisti espositori e titoli delle opere:

Sandra Ajello: “Via del fiordaliso” (2020, acrilico su tavola e su finestra originale cm.48 x 78); “Gli Uffizi dal Lungarno Torrigiani” (2002 acrilico su tavola e su finestra originale cm 39x 106) – Enrico Bandelli: “Affacciati sul presepe” – Igina Biriaco: “Finestra che si affaccia su un vecchio muro rovinato dal tempo” (1980  olio su tela cm.60 x 80) – Antonietta Borgioli: “Dove è questa finestra? Quale è l’ artista la cui opera è riflessa?”  (acrilico su tela, 60×60); “Breda,manifesto della locomotiva”. (E’ il treno che veniva costruito alla Breda S.Giorgio di Pistoia.  70 x 70 olio su tela). – Anna Maria Calamandrei Santi: “La sala” (2011, maniera a zucchero, acquaforte, puntasecca, cm. 50 x 50); “Il Bisonte” (2011, matita a cera, acquaforte,acqua tinta , puntasecca, cm. 50 x50) –  Giuseppina Cappello: “Riflessioni di una mattina d’inverno” – Anna Cecchetti: “Finestra aperta alla vita” (Una finestra che rappresenta l’apertura all’accoglienza e rispetto per l’ambiente. Acrilico 100 x 150– Eliana Chiarugi (Senza titolo) – Adriano Danti: “Finestra sul mare. Sant’Ilario (Elba), dalla finestra della casa di Baccio” (1995, olio su tela, cm 35 × 45)  . – Guido Del Fungo: Dalla finestra al cielo (Monotipo, 2019) –   Roberto Della Lena: “Il muro di via dei Goti”; “Il muro di Vicolo del Bell’Occhio” – Mimma Di Stefano: “Finestre dell’infanzia” –  Patrizia Gabellini: “La finestra triste” – Luisa Garassino: “Architettura del ventennio a Firenze: le finestre” (foto digitali) Le foto riguardano i grandi complessi delle Case Popolari, i fabbricati dell’INCIS ed alcuni edifici pubblici di Firenze. La tipologia delle finestre è caratterizzata da alcuni elementi peculiari dell’architettura del periodo, quali la forma allungata (spesso corrispondente al vano scale), l’incorniciatura in rilievo rispetto alla facciata e decorazioni talvolta con effetti monumentali. – Rolando Giovannini: “IN/volontarietà 1”. …il silenzio cattura, afferra, costringendo ad inoltrarsi nel bianco della vita, a ripercorrere sentieri grevi di ombre, di volti, di occasioni.(2019, tecnica mista su tela, cm.60×60); “IN/volontarietà 2”. …la finestra del passato si anima di suoni sapori odori; qualcosa di irrimandabile, di magico, sta per avvenire. (2019, tecnica mista su tela, cm.60×60) – Giovanni Giusti: “Finestre di notte a Buonconvento” 2019 . …dal giardino incantato una luce in fuga crea un alter ego sul muro di fronte… …e si parlano (G.G.)  –  Alessandro Goggioli: “MUROPANORAMA”; “Muro verde”; “Vista scannafosso” – Luana Lapi:  Finestra sul cortile (fotografia digitale, cm 30 x 50)  – Fiorella Macchioni:La favola della grata” – Carlo Maltese: “Florence college ’69”  – Anna Maria Maremmi: “Oltre le sbarre”; “Cercando la luce” – Anna Mercati“Giochi di luce” (1982, disegno a matita su carta Fabriano, Studio per acquaforte) Lea Monetti: “Il volo” (Bronzo e marmo) – Angelo Massimo Nostro:  Graffito di giorno: la città ci parla (elaborazione e stampa digitale) ; Graffito di notte: i fantasmi popolano i muri (elaborazione e stampa digitale) – Gianni Oliveti: “Passaggio” (Tecnica mista) – Marco Orsucci (Senza titolo) – Paolo Pesciullesi (Senza titolo) – Beppe Piano: “W & W”.  L’opera è una sintetica riflessione sulla dinamica della luce, sia nella sua scansione temporale che nella valenza cromatica. (2019, Digital Art+Artificial Intelligence, Fine Art Print Digigraphie on paper 50 x 50 cm)  –  Cinzia Pistolesi:  “Finestra sull’infinito”  Finestra intesa come ‘portale’sull’invisibile, recupero dell’essenza primaria dell’inconscio attraverso l’uso di simboli e colori(gesso acrilico e china su tavola,  52 x 65). – Renato Piazzini: “Omaggio a Folon”; “Omaggio a Venezia” – Anna Ricceri Guicciardini: “Bifora della Chiesa di San Triburzio a Susanna a Gargonza, Monte San Savino, Arezzo”Michele Sestini: “In the castle” (Computer Art) –  Nicola Signorini: “Affaccio sui muri”; “Non vedo un tubo”; “Tradizione Toscana” – Paolo Vannini “Attesa…..quale futuro?” (2000, acrilico su tela 70 x 50) –   Elisabetta Weber: “Aspettando che apra la collezione Casamonti”  (Fotografie digitali)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E dopo la mostra il dibattito continua.

Di seguito un contributo, che è anche una proposta, di Carlo Maltese:

Visto il favorevole risultato ottenuto dal Gruppo Donatello in merito alla mostra attualmente in atto dal titolo “Finestre che guardano i muri. . . e non solo” propongo di estendere tale ricerca tematica, anche ad altre parti dell’ambiente che per primo ci è stato familiare e cioè la casa. Il soffitto, decorato o no, le porte d’accesso alle singole stanze, le maniglie, la rubinetteria dei bagni o delle “cucine antiche”, oggi superate dal design più sfrenato e avveniristico, fino alle più svariate pavimentazioni, con “zoccoli” decorati da geometrici arabeschi, sulle quali giocavamo a fare la guerra o altro, con i tappini delle birre o delle acque minerali, possono costituire elementi fotografici, pittorici, disegnativi e plastici sui quali lavorare per costruire tutti insieme nuove e interessanti mostre tematiche. Ma anche le plafoniere arrugginite dei portoni d’ingresso spesso vecchie e malandate, le grandi scale poco illuminate dei quartieri del primo novecento, dove magari alcuni di noi hanno vissuto buona parte della propria fanciullezza e adolescenza, potrebbero essere soggetti poetici e affascinanti proprio per la loro retorica, ma appannata presenza nella nostra mente. Le opere che nel loro complesso scaturiranno da questa ricerca saranno guidate da una memoria lucida, forse metafisica, atta a costituire una sorta di affresco fuori dal tempo. Un “dèjà vu”assolutamente personale che scavando in ognuno di noi farà apparire “l’umiltà” degli ambienti e delle cose che hanno segnato il nostro recente passato e un po’ anche la nostra vita.
Carlo Maltese,

Ancora Carlo Maltese a proposito della sua opera esposta:

La mia opera -di cui espongo tre foto, di due particolari e una prospettiva -s’ intitola provvisoriamente “Florence college ’69” e rappresenta la continuazione, sia pure in chiave diversa, della serie inaugurata con “Scandalo alla Galleria dell’Accademia di Firenze” Si tratta di un’ installazione di circa metri 4 di lunghezza per 2.50 di altezza x una profondità variabile dai cm. 30 agli 80. Vi lavoro dal 2016 e spero di finirla entro il 2020. Vuole rappresentare, attraverso dei moduli verticali, al momento 7, uno spaccato della nostra società. Infatti all’interno delle finestre, vi saranno dei personaggi (manichini) in scala 1: 10, come del resto l’ho è tutta l’installazione, che interpreteranno scene di vita quotidiana. Chi fa la doccia, chi studia, chi legge, chi dorme, chi fa l’amore, chi cena ecc. ecc. Da queste finestre sarà possibile osservare ciò che accade all’interno dei singoli moduli. Il lavoro finito conterrà una piattaforma, con pedana girevole elettrica, e un fondo colorato che farà da supporto ai singoli moduli. Inoltre alcuni moduli, come quello che ho fatto nel 2019, non conterranno finestre ma saranno aperti in modo da risultare più visibile tutto quello che vi è all’interno. C.M.

A proposito del quadro di Anna Ricceri Guicciardini:

La “Bifora della Chiesa di San Triburzio” dipinta da Anna Ricceri Guicciardini, è anche descritta nel libro di Roberto Guicciardini Corsi Salviati“..la costruzione della Pieve dei SS. Tiburzio e Susanna nel Castello degli Ubertini a Gargonza rimonte al sec. XII. L’edificio era di stile romanico, e tra il ‘600 e l’800 fu rimaneggiato nell’interno perdendo ogni suo carattere originale. Era soltanto rimasta intatta, nel muro perimetrale a sinistra, una bifora in pietra con colonnetta di travertino. Nel 1928 perciò il parroco Don Jacopo Ficai, confortato dall’aiuto del Conte Giulio Guicciardini Corsi Salviati, proprietario dell’antico Castello, iniziò i lavori di ripristino della Chiesa, eliminando tutti gli intonaci e alterando i due archi interni che sostenevano il tetto. Furon scoperte così la bifora della facciata, la monofora dell’abside, porta laterale e fu portata alla luce un afresco del 1415, di scuola Aretina….
(dal libro di Roberto Guicciardini Corsi Salviati: Il borgo castellano di Gargonza. Personaggi, memorie, immagini, ed. Edifir 2013)

Un contributo di Anna Maria Maremmi:

GUARDANDO ATTRAVERSO
Guardando attraverso la luce inclinata della finestra del mattino verso la presenza lontana di tutto ciò che può essere, quale urgenza ci chiama? Quale albero attende di allargare suoi rami contro il muro?
Stai aspettando con la mente verso il cielo? Tra gli alberi oltre la casa? Nella vita che puoi immaginare per te stesso? Nel bel foglio bianco steso sul tuo tavolo?
L’architettura come metafora potrebbe rivelarsi un punto di partenza: … qua e là …. porte, aperture dimensioni, ma anche segni, musica, tempo, morte, perdita, desiderio , lo spirito, la memoria, l’energia e i tentativi di mantenere l’arte e la vita integrate …
Il processo creativo rimane misterioso è l’esperimento, la scoperta e l’esplorazione , gli agenti che sospingono al lavoro. Per fortuna c’è molto che rimane nascosto a tutti noi… anche guardando attraverso…  Anna Matia Maremmi. (citazioni liberamente tradotte da un testo inglese “ Looking trough”)


Ancora un contributo: un testo di Barbara Santoro
UNA” CURIOSA” FINESTRA SU UN MURO
Fin da bambina mi ha sempre incuriosito una finestra murata sotto il portico dello “Spedale degli Innocenti” che fu disegnato da Filippo Brunelleschi con i famosi tondi con i ”puttini” di Andrea della Robbia.
Oggi questa finestra con una solida inferriata è ancora ben visibile incorniciata in un quadrato di pietra serena ed è nota a tutti  col nome di” Ruota degli Innocenti”.
All’interno di questa finestrella era stata inserito un tamburo ruotante che permetteva l’accesso all’interno. Su un  lato sinistro era stata posta una campanella con un cordone . Al  suono della campanella una suora dell’ospedale accorreva faceva ruotare il tamburo e accoglieva all’interno ciò che veniva depositato all’esterno .
Nella maggior parte dei casi si trattava di piccoli abbandonati  “Gettatelli”, trovatelli che  madri indegne o solo povere disgraziate depositavano indisturbate.
Alcune mamme legavano al collo dei piccoli delle medagliette spezzate, dei pezzi di stoffa ricamata, degli anelli, alcuni bottoni  preziosi, delle  immagini sacre  o comunque qualcosa che servisse ad identificare  il bimbo qualora un domani l’avessero voluto riprendere.
La ruota fu installata per la prima volta il 5 Febbraio 1445 e in questa data fu accolto il primo ”innocente” .
Molti dei cognomi “Innocenti, Nocentini, Degli innocenti ecc deriverebbero da i nomi che venivano  dati  a questi piccoli.
Si dice che la prima bambina che fu accettata fu chiamata  Agata Smeralda dal nome della Santa del giorno.
La ruota è stata attiva fino al 30 giugno del 1875 ,quando l’ultimo maschietto accolto è stato chiamato Ultimo Lasciati  e la femminuccia  Laudata Chiusuri.
Chissà quante vite sono state salvate in quella finestra !!!!!! Per questo ne ho voluto parlare.
Barbara Santoro

 

Ancora un intervento, Fiorella Macchioni a proposito della sua opera esposta:
Il titolo del mio acquarello è “La favola della grata” inizia così il percorso che vede una grata appena accennata su un muro dove si abbarbica una vite rossa. Una finestra si affaccia su un’altra finestra a non chiudere un lavoro di prospettiva, anzi a moltiplicarlo. La favola sollecita la fantasia con domande alle quali ognuno risponde secondo la propria immaginazione. Fiorella Macchioni

 

Altro intervento, Anna Maria Calamandrei a proposito delle proprie opere:
ho consegnato due opere fuori tema, in un certo senso, poiché il muro esiste in ambedue ma non è quello desiderato. La richiesta era più sottile e assumeva un significato di confronto introspettivo, era con noi stessi che dovevamo dialogare ed uscire allo scoperto. Basta guardare l’opera di Gianni Oliveti per vedere tutta la sua sapienza, cultura ed ironia. La prima opera  è “La mia sala” che ha la portafinestra che dà sul muro della casa di fronte e nella zona bianca, sullo sfondo, la cupola del Duomo e il Campanile che io non ho raffigurato: ringrazio ancora il Cielo per il veto messo, dal piano regolatore di allora, di continuare a trasformare le villette con giardino di Via Masaccio in palazzi alti 7 piani. Se non avessero posto uno stop alle demolizioni e costruzioni  io non mi vedrei dalla sala uno skyline così bello.  L’altra opera intitolata “Il Bisonte” è nata un pomeriggio mentre guardavo un amico alle prese con il torchio. L’incisione, una volta stampata, l’ho colorata con le matite a cera. Oltre la vetrata si vede un mix di  muro, finestre, strutture aperte. A me è sempre piaciuto addensare tante cose su una lastra. Ho adoperato i colori che preferisco. Anna Maria Calamandrei

 

Igina Biriaco  a proposito della propria opera:
Una finestra. si affaccia su un vecchio muro rovinato dal tempo che si trasforma e da’ vita a nuove forme vitali.  I buchi neri ci fanno intendere che, attraversando li con lo sguardo si può guardare dall’altra parte e vedere un paesaggio con nuovo orizzonte, il volto sfumato di una donna parla di una vita trascorsa, i mattoni dissestati lasciano intravedere occhi imprigionati ed altri personaggi insoliti , tutta la composizione si realizza in armonia di colori.  Il tempo consuma e trasforma. Igina Biriaco.

 

Preliminari, appunti, richiami, origini, collegamenti e altro. Molti fattori hanno contribuito alla realizzazione del progetto. Di seguito un elenco:

Un ricordo. “Nell’86, Enrico Bandelli e Gianni Oliveti, progettano e realizzano la grande mostra “Finestre – 21 artisti per un presepe” che vede la partecipazione dei maggiori figurativi fiorentini del momento, (da Annigoni a Borgianni, a Breddo, e poi Cheli, Fallani, Faraoni, Tirinnazi, Tredici ed altri) “affacciarsi” su un Bambinello modellato da Amalia Ciardi Dupré. La mostra, presentata da C.L.Ragghianti, riempie le tre grandi  quinte nere che creano una sorta di “corte” nella cappella di S.Mauro della Badia Fiorentina e si mostra al pubblico dal dicembre ’86 a tutto febbraio ’87. 

Una frase sentita. Il turista rimane contrariato perché scendendo in hotel in località marina gli hanno assegnato una camera le cui finestre che si affacciano sui muri… (Cit)

Una frase ascoltata. E guardo fuori dalla finestra e vedo quel muro solito che tu sai. / Sigaretta o penna nella mia destra, simboli frivoli che non hai amato mai.. (da Quattro stracci di Francesco Guccini)

Diatribe in corso d’opera. Le alterne vicende opposte e complementari di finestre-affacci-aperture-vedute-luci. “un avvocato che mi accusava di aver trasformato una veduta in un affaccio.” (Cit.)

Pensieri ad alta voce. Il muro è un diaframma, ma è anche molto più di un diaframma, un filtro attraverso cui non si vede, ma si può immaginare, sognare, forse indovinare… E oltre il muro immagini passate, presenti, atemporali, ambientate in spazi reali ovvero in luoghi della memoria, nell’isolato sotto casa o ad anni luce di distanza. 

 E ci sono anche  dimensioni complementari e/o  speculari (1)… Tuttora, quando passo per via Lorenzo il Magnifico, i muri della villa e dei villini annessi, e le loro finestre sembrano antropomorfizzarsi, salutarmi, parlarmi, ricordarmi cose…. (Cit.) Ma qui si aprirebbe un dibattito su un immenso capitolo, ma ne parliamo in un altro momento, magari per un’altra mostra. Chissa?

 E ci sono anche  dimensioni complementari e/o  speculari (2)…  E in Piazza Vasari c’è un muro con una finestra dipinta … “Capineri e Bandelli, collaudato il loro sodalizio pittorico nell’impresa di Lizzano, proseguirono la loro collaborazione per un altro lavoro a quattro mani con finalità di abbellimento urbano.

Storia di una finestra dipinta sul muro. Nella piazzetta Vasari, a Firenze, che come già abbiamo visto ospita la Vasca dei Putti del nostro primo presidente, c’era da sempre la cornice architettonica di una finestra che non era mai stata aperta e offriva la sua vuota occhiaia murata proprio in fronte alla vasca in questione. “- E se da lì ci facessimo affacciare il Moschi?” qualcuno suggerì… “- Chi si offre?… Chi se la sente?” Bandelli e Capineri, generosamente, fecero il proverbiale “passo in avanti” (o forse furon tutti gli altri che fecero un passo indietro ?), in ogni caso, fatto sta, che poco tempo dopo, nel settembre del 1991, Mario Moschi era lì a guardarci, affacciato dalla finestra di un suo ipotetico studio (che nella realtà era accanto agli ambienti dov’è oggi la sede del Donatello) ed a contemplare la vasca con aria pensosa, quasi volesse ascoltare i commenti e i giudizi dei passanti.” (Oliveti G.: Gruppo Donatello sessant’anni di storia, Press Service, Sesto F.no 2012, pag. 87)

e allora

Le “Finestre che si affacciano sui muri” sono divenute “Finestre che si affacciano sui muri ..e altro”. D’altronde l’arte non può avere vincolo di mandato…

Ma soprattutto le “Finestre che si affacciano sui muri ..e altro”. Sono diventate una realtà, una mostra collettiva, un’esperienza.

 

[Testo non definitivo]