Andando in giù per Borgo Pinti e altre storie

Andando in giù per borgo Pinti e altre storie

Per la serie appunti volanti

Borgo Pinti, strada di Firenze che conosco praticamente da sempre, anche da tempi lontanissimi quando andava di moda – e dove di moda è molto fra virgolette – una famosa latteria frequentata dagli studenti del vicino liceo classico. Non sono certo del nome del nome di tale latteria, forse Zurli.

In anni successivi sono andato una sola volta in una palestra a fare che oggi si chiamerebbe “lezione di prova”, ma un po’ perchè era assai lontana da casa e forse anche per insufficiente motivazione, la prova non andò avanti. Dopo quel giorno infatti né io né i due compagni di scuola, di classe, e nella fattispecie anche “di prova” continuammo a frequentare la palestra..

In tempi ancora successivi, tempi di “adultità” ben consolidata, mi sono trovato a frequentare borgo Pinti per motivi un po’ umani un po’ professionali ovvero a fare la mia analisi didattica durante il corso quadriennale della scuola di specializzazione in psicoterapia Periodo ed esperienza che meriterebbero trattazione a parte.

Mentre sto scrivendo (in realtà dettando al tablet!) sto arrivando quasi in fondo a borgo Pinti e sono in prossimità dell’arco di San Piero però da tutti, o almeno da molti, conosciuto o almeno appellato come “archino di San Pierino” e da lì ci si immette in borgo degli Albizi. Forse è proprio in ragione di questa continuità che molti confondono fBorgo degli Albizi con Borgo Pinti e viceversa.

Siamo nell’ambito delle parole in libertà evidentemente, e mi accorgo che probabilmente Borgo Pinti andrebbe forse celebrato anche per altri motivi, per i suoi palazzi signorili, per le sue lapidi che ricordano personaggi importanti della storia, per le poche botteghe artigiane rimaste, un simbolo anche in quanto diventate rarità.

Mentre parlo sto dettando questo testo al mio iPad; è molto probabile che quando andrò a rileggerlo e correggerlo io stesso non riuscirò del tutto decifrarlo perché l’iPad e a volte “traduce” le cose a modo suo ; il che non sempre è una cosa negativa perché, ovviamente involontariamente, nel travisare delle frasi che hai dettatto te ne propone, anzi inventa, altre piuttosto interessanti o almeno curiose. Ricordo ad esempio un titolo che suggerii ad un amico, che me lo aveva chiesto per una sua opera, titolo che nacque in modo assai singolare. La famosa frase “Repetita iuvant”, che’avevo dettato diventò ” Se di una ex fu perpetrata aiutante”! Ma questa è un’altra storia e nel frattempo sono arrivato alla tramvia!