Per le scale di Guido

Del Fungo Guido: Per le scale. Men’arte, Firenze 2016 (a cura di Giovanna Fozzer con un saggio di Alberto Severi).

Questo libro, riccamente illustrato da foto, ma anche e soprattutto da disegni dell’Autore lo rende piacevolissimo alla lettura e del resto rende ragione di come Guido parla di sè fin dalla prima pagina “Esprimermi con immagini manipolare materiali per realizzare taluni oggetti, disegnare, progettare con la penna e realizzare e restaurare edifici è stata per decenni la professione di architetto svolta con spirito artistico…”. In questa, ma invero anche in altre opere di Guido,  sono descritti rigorosi resoconti professionali, alternandosi o arricchendosi durante la trattazione, a spaccati della vita quotidiana, ad aneddoti a ricordi lontani. Più volte (ed anche in altri scritti) Guido sottolinea alcune sue peculiarità, che in realtà sono delle virtù: la sua costante presenza in cantiere, l’uso sapiente dei materiali reperiti ove si svolgono i lavori di restauro, con attenzione al recupero e al riutilizzo. Scontato dire quanto felice e apprezzata sia stata la realizzazione dell’opera: un intervento complesso che ha interessato mura, volte, archi, pozzi pietre, abilmente ritoccati, ricreati, rimodellati, a creare un ambiente di squisito gusto e di sapiente arredamento, fin nei minimi dettagli.  Tuttavia quest’opera si distingue dalle altre, lungo il percorso del libro varie storie si intrecciano. La storia dell’anfiteatro fiorentino che tutti sanno essere esistito, molti sanno che era “dalle parti di Santa Croce, ma in definitiva pochi – Guido è tra questi – la conoscono bene da poterla raccontare e farla conoscere. C’è poi la storia delle mura e delle pietre delle abitazioni della vecchia Firenze, adattatesi nei secoli agli usi più vari e più volte profanate dalla furia dell’Arno anche ben prima del 1966. C’è la storia delle torri cittadine che sovrastavano in  palazzi come simbolo della potenza delle famiglie che vi abitavano. C’è la storia del Guido eclettico che oramai conosciamo, l’architetto, il Pittore, l’amante della campagna (da taluni connotata come “agritetto”) , e qui verrebbe da dire anche l’archeologo, il geologo, lo speleologo! Ma credo che tutte queste storie, storie che talora si intrecciano, si sovrappongono, si rincorrono, possano fondersi in una storia che percorre tutto il libro ed è la storia madre, la storia delle storie, ovvero la storia di una creazione di un edificio, più di una ristrutturazione, più di una fusione di locali. Non è “una casa”, è “la casa”, la casa di Guido in via de’ Bentaccordi, che tuttavia Guido non abiterà, ma farà abitare dai suoi successori! Un progetto mirabile sia da un punto di vista progettuale ed architettonoico, sia anche forse soprattutto da un punto di vista umano.