Gli anni senza Sarteano

Gli anni senza Sarteano

“… dopo venti o trent’anni si scopre che ciò che veramente conta è rimasto nel paesello natio.” (C.G.Jung, lettera a Herbert Read 17.10.1948. In C. G. Jung, Lettere, Vol 2 p.117).

“Se uno scritto rimane troppo tempo in fondo a un cassetto due son le cose: o lo cancelli o lo rendi visibile” (Cit.)

Circa l’inserimento di questo articolo sul blog avevo qualche perplessità. Mi sono dato una risposta rileggendo il testo di “Aggiungi un posto a tavola”.  Chiede DON SILVESTRO rivolgendosi a Dio: – “Nooo. Hai ragione e basta. Posso chiederti una cosa? Perché hai scelto proprio me? E perché proprio il mio paese?”, e dall’alto risponde DIO: – “E perché no?”

E così, senza naturalmente fare impropri e irriverenti paragoni, semplicemente mi sono chiesto perché mai avessi dovuto inserire il presente articolo sul blog mi sono dato anche la risposta “E perché no? “

Titolo curioso. Mi è ritornata in mente una vecchissima lezione, che illustrava come  dall’analisi  di un racconto relativo  ad una situazione di disagio e/o di conflitto si possano estrapolare alcune parole chiave o ricorrenti, e lavorando su queste si possa tentare fare un’analisi del racconto o anche si possa usare tale materiale per creare nuovi costrutti. La parola ricorrente, in questo caso,  appariva essere  “senza“, Ho scartato l’idea  di fare un’analisi ed ho optato per la seconda idea ovvero di promuovere altre riflessioni a partire dalla parola “senza” (ho molto semplificato, la storia è più complessa, ma la racconterò un’altra volta).

Dunque mi sono soffermato sulla parola “senza”, e dato che sono a Sarteano, che è anche il mio paese natio,  ho pensato di esaminare il tema “Senza Sarteano”, e per dare un limite alla disanima, ho pensato di  circoscrivere il tema a  “Gli anni  senza Sarteano“, ovviamente i miei.  Ecco come nasce il titolo. 

Qui parlerò della mia esperienza, ma “Anni senza Sarteano” riflettono una condizione di un significativo numero di persone. Si pensi ad esempio agli emigranti che dopo permanenza in altra città o addirittura all’estero, ritornano al paese. 

Se penso al momento dal quale mi sono allontanato dal paese al momento in cui ho cominciato a farci ritorno con una certa frequenza, con qualche approssimazione si può parlare di un lungo periodo ovvero dal 1962 al 2003. Già ci sarebbe tanto da raccontare  sui motivi del trasferimento a Siena prima e a Firenze poi. D’altronde ci sarebbe anche da parlare di come è quando ho cominciato a ritornare frequentemente Sarteano dal 2003 in avanti. Ma di ciò vale la pena parlarne a parte (mi rendo conto del limitatissimo pubblico a cui possa interessare, ma così è…).

Riflettendo  sulle parole assenza,  privazione,  mancanza di qualcosa viene a mente che più spesso si parla di qualcosa o di qualcuno, della sua  presenza, della sua importanza, del suo significato. 

In senso assoluto gli anni senza Sarteano… non esistono!

I primi anni senza Sarteano in realtà sono stati piuttosto degli anni in cui Sarteano c’era, ma esclusivamente o quasi, per il fine settimana e per le feste comandate e, naturalmente per le vacanze estive. É chiaro che il trascorrere degli anni, l’inizio di studi via via sempre più impegnativi, il lavoro, la scomparsa dei nonni, occorse rispettivamente nel 1971 e nel 1979,  hanno progressivamente ridotto le trasferte a Sarteano… 

I ritorni in paese durante le vacanze estive si sono protratti per diversi anni con una certa regolarità.

Un po’ di cronologia e di ricordi.

Da un appunto personale. “…il mio pensiero è andato al fatto che una volta, tanto tempo fa, ho visto una partita dell’Italia a Sarteano, all’ENAL. Quella volta vincemmo 6-1  contro la Finlandia. Era il 4 Novembre 1964. Ci eravamo trasferiti a Siena da pochissimo e probabilmente – il 4 Novembre era all’epoca giorno festivo – avevamo passato qualche giorno a Sarteano”. Proprio non so perché ho scritto questo appunto in un agenda nientemeno che del 1986. In ogni caso ha fatto comodo! Ricordo che ero con alcuni amici al bar dell’ACLI in piazza Bargagli, speso chiamata con la vecchia dizione Piazza d’Armi; la partita era trasmessa da un televisore allora in bianco e nero posto all’interno del bar e ogni volta che veniva segnato un goal si alzava un coro di urla dei presenti. Alla fine della partita seguì anche la fine della permanenza in paese e il ritorno a Siena. Situazioni come queste si ripetevano abbastanza spesso, e ogni ritorno al paese e successivo rientro a Siena erano accompagnati da una certa malinconia. Chissà che l’appunto del 1986 non sia stato preso, anche se non compare scritto, per sottolineare quello stato malinconico. Difficile dirlo.

Era Febbraio 1968 ed era Carnevale. Ho il ricordo di essere stato al Teatro Mascagni di Chiusi assieme a quattro amici di Sarteano – Pietro, Giorgio, Claudio, Moreno -con i quali avevo messo insieme un complessino. Con una certa emozione suonammo tre canzoni, di cui ricordo ancora i titoli: “Castelli di sabbia”, “Sha-la-la-la” e “Portami tante rose”. Una foto in bianco e nero testimonia l’evento e suggerisce una mia presenza in paese almeno nei week end dei mesi precedenti per le prove! Per la cronaca le prove si svolgevano in una cantina, o forse meglio definirlo fondo, situato in via dei Fiori, quella che collega piazza XXIV  Giugno con l’ultimo tratto di via Roma, quasi in piazza San Martino (in realtà un eccessivo sfoggio toponomastico superfluo e probabilmente noioso per i sarteanesi e poco utile per i “forestieri”). Curiosamente tanti anni dopo, nel 2019 presso lo stesso Teatro Mascagni é stato rappresentato uno spettacolo che parlava di chi nel 1968 era un adolescente. Fa un certo effetto pensare che proprio in quei locali, proprio nel 1968, proprio da adolescente, assieme ad altri coetanei mi trovavo su quel palco…  https://www.primapaginachiusi.it/2019/04/quando-sognavamo-la-california-sabato-al-mascagni-la-fotografia-di-una-generazione/

Giugno 1971, 26 per l’esattezza. Scompare mio nonno Pellegrino. Un momento triste, uno di quei momenti tristi in cui sono ritornato a Sarteano. Per i funerali. O come si dice in paese per il “Trasporto”.

Il momento di mio massimo distacco, di massima estraneità al paese, è rappresentato probabilmente da quanto avvenne agli inizi degli anni ‘70, ma posso essere ancora più preciso, o il 13 Maggio o il 2 Giugno del 1973. In entrambe le date ero stato testimone ad altrettanti matrimoni. Ebbene in uno di questi due giorni scendevo in auto da Radicofani in direzione di Chiusi, passando per Sarteano. Non ricordo per quale motivo, ma mi trovai a dover chiedere un’informazione rivolgendomi ad un gruppetto di tre persone. Almeno due sapevo bene chi fossero, ma vedendo che non mi avevano riconosciuto, non ebbi il coraggio di palesarmi. La cosa mi rattristò un po’ e pensai come fossi oramai considerato un estraneo, anzi, come si diceva allora, “un forestiero”! La “separazione” stava prevalendo sull’appartenenza”! Confesso che successivamente  ho anche preso in considerazione un diverso svolgimento dei fatti. Ovvero che i tre sarteanesi potrebbero anch’essi avermi riconosciuto e aver pensato “Mira chesto che ora sta a Firenze e mancocia’ ricononosciuti”. Chissà! Solo molti anni dopo ho avuto modo di approfondire il tema “Appartenenza e separazione” nel corso del “V Incontro degli Operatori dei Servizi Pubblici Sulla  Applicazione delle Tecniche Relazionali” che si è tenuto a Firenze, il 2 Febbraio 1991. Ho voluto mettere un richiamo bibliografico relativo agli Atti di tale Congresso di cui consiglio davvero la lettura.

Tornando a noi, quell’incontro con i sarteanesi mi fece molto pensare, ma non servì affatto a incrementare i ritorni al paese, che continuarono ad essere rari e legati per lo più a eventi importanti, matrimoni, malattie, scomparse.

Il mio rapporto con Sarteano é però continuato in qualche modo anche “a mezzo stampa” con Montepiesi, una rivista mensile che dal 1969 in avanti ha permesso di rimanere aggiornati sulle vicende paesane. Montepiesi purtroppo ha chiuso i battenti nel 2017. Molti, e io sono tra quelli, hanno un senso di grande riconoscenza verso il dottor Carlo Bologni, che con un  efficientissimo gruppo redazionale ha portato avanti l’iniziativa editoriale per quasi mezzo secolo. E ciò sarà anche occasione per ricordare alcune cose che mi legano a Montepiesi e quindi a Sarteano.

Accadde tra ottobre 74 e giugno 75, parola di Patrizia (mia compagna di scuola alle elementari a Sarteano). Ebbene in un giorno compreso in quel lasso di tempo, probabilmente un giorno invernale, mi trovavo in un cinema d’essai fiorentino. In quello stesso cinema era presente anche Patrizia che mi vide, anzi mi riconobbe, ma non riuscì a farsi notare (e poi dicono che i Sarteanesi sono sguaiati e urlano!). Certo che se fossimo stati in Piazza d’Armi  o “Suppelacosta” sarebbe stato diverso! Curioso pensare a due Sarteanesi in terra straniera che condividono uno stesso spazio, peraltro limitato, senza riuscire a incontrarsi! Un fatto per certi versi analogo, sempre in quegli anni avvenne in una città del nord, forse Cremona, ma non ne sono certo, poteva essere anche Crema dove avevamo conoscenze; sono certo invece che da un muretto che circondava un giardino rialzato rispetto al piano stradale dove mi trovavo con mio babbo, si levò una voce che rivolgendosi a noi urlando disse “Mettelodentrocheédisartiano!!!!”. Si trattava infatti di un amico del babbo, probabilmente un bancario. Seguirono abbracci e rituale caffè in un bar vicino con l’inevitabile chiacchierata sul tema: “Macchecifa’dasteparti?!”. Non ricordo cosa effettivamente ci facessimo a Cremona (o a Crema o in altra città del nord), ma ricordo il piacevole clima creatosi fra sarteanesi “fuori sede”. In tempi precedenti occasionali incontri tra sarteanesi fuor di Sarteano erano avvenuti a Grosseto dove incredibilmente entrando per sbaglio in un negozio sbattei contro un signore e naturalmente mi scusai. E una signora, la moglie dell’”investito” da dietro: “Unlovedi che è Roberto; ora se’ convinto, cieco di Sorrento, che chelli che avemo visto fori ereno Ilio e la Delia di Sartiano?!” (Ben scanditi come Iglio e Deglia!) Anche in questo caso ricordo il fatto, le parole, e anche l’espressione dei presenti, ma non chi fossero. Analoghi incontri a più riprese sono avvenuti a Siena alla Lizza alla fine degli anni sessanta con Argo e suo padre, con Archimede, con Carlo, Paola e il figlio Marco, e probabilmente con molti altri. Ma Siena é più vicina è statisticamente incontrare paesani era più facile. E forse allora “Un vale”. E “Un vale, anzi un conteno” neanche le visite di Enzo e Luciana perché piacevoli, ma non fortuite in quanto Patrizia, loro figlia e mia cugina, ha vissuto per un periodo a Firenze. Quello che vale di questi incontri, talora fugaci, talora più durevoli, è che sono sempre piacevoli momenti di condivisione e di rievocazione.

Accadde nel 1975. Questo che sto per dire, analogamente al precedente punto, è un “aleggiare sarteanese in Firenze”. Non so, anzi non ricordo, come venni a sapere che una sarteanese compariva in “Amici miei”, lo straordinario film di Monicelli. Si trattava di Maria Pia, mia compagna di scuola alle elementari in quel di Sarteano. Confesso che guardai il film con attenzione, ma non riuscii a riconoscerla. Più agevolmente il riconoscimento avvenne qualche anno dopo con l’avvento dei videoregistratori con fermo immagine.

197? Probabilmente 1976 o 1977. Inverno rigido, neve  a volontà. I parenti ci avvertono che la mia nonna materna è in gravissime condizioni. In realtà, le cose andarono meglio, in quanto superò la crisi e visse ancora diversi anni. Non so come arrivammo a Sarteano, forse in corriera da Firenze o forse in treno fino a Chiusi e poi in corriera a Sarteano. Ma altri diciotto chilometri ci dividevano da Radicofani dove vivevano la nonna e diversi zii. So invece come raggiungemmo Radicofani: accompagnati da Alfiero, storico ed esperto tassista (ma a Sarteano li chiamavano “autisti di piazza”). Fu un viaggio (pochi KM ma autentico viaggio) suggestivo; Neve sulla strada, neve ai lati della strada, fitti fiocchi sul parabrezza, tergicristalli sempre in funzione. Per strada, la bella 1400 bicolore – un grigio più chiaro e un grigio più scuro – di Alfiero  incedeva lenta, ma maestosa e sicura. Giungemmo a Radicofani nel cuore della notte senza aver incontrato neppure una macchina. Ricordo ancora che mio babbo e Alfiero strada facendo riassunsero vari decenni di vita sarteanese. Io ascoltavo con attenzione curiosità. Ricordo che Alfiero rievocò il film “Il Cristo proibito” di cui alcune scene vennero girate a Sarteano, tra cui una in casa sua.

1979, 3 Aprile scompare mia nonna Irma. Uno strano (forse non è l’attributo più giusto) destino mi lega alla sua scomparsa. Da una parte l’ho avuta vicina negli ultimi giorni essendo lei ricoverata a Firenze presso l’ospedale di Careggi, in un reparto assai vicino alla Clinica Medica da me frequentata all’epoca. Dall’altra non potei andare ai funerali a Sarteano in quanto fui colpito da un’influenza acuta con febbre alta. E a letto ben  coperto e imbottito di aspirina e vitamina C ebbi modo di riflettere su mia nonna e su Sarteano. E non poté non venirmi in mente che otto anni prima anche mio nonno era mancato e anche allora era ricoverato in un reparto di Careggi, anzi proprio lo stesso. Ma quella volta lo accompagnai. Ricordo che quella costrizione febbrile a letto fu occasione di pensare molto al mio paese e alle molte famiglie che come la mia si erano trasferite altrove. 

1980 Capodanno. Un capodanno “quasi” sarteanese. Inizio dell’anno e del decennio a Radicofani, con una tavolata al ristorante. A Radicofani e non a Sarteano in quanto i numerosi (allora numerosi oggi in larga parte scomparsi) parenti materni erano residenti proprio a Radicofani. In serata finalmente scendemmo a Sarteano e vedemmo con tristezza la casa in piazza oramai vuota e disabitata dopo la recente scomparsa di mia nonna.

1981, 15 Giugno Non posso non ricordare una delle mie prime esperienze congressuali, ed una in particolare, ovvero una comunicazione alla Riunione della Sezione Toscana della Società Italiana di Ematologia, svoltasi a Firenze, 15 giugno 1981. Non ero a Sarteano, ma amo ricordare la data in quanto la giornata fu presieduta da un illustrissimo  Sarteanese con la S maiuscola, il professor Pierluigi Rossi Ferrini. [S. Citi, R. Della Lena, F. Leoni: Analisi retrospettiva di 177 casi di LLC con particolare riguardo allo staging. Pubblicata su Haematologica Vol. 67, n.3, pag. 478 (1982).]

Nel 1989 un curioso e singolare ricordo su Sarteano: una finestra! Un ricordo per associazione di idee. Non una finestra qualsiasi, ma una finestra che si apriva su un muro. Una finestra all’interno dell’Ospedale  villa Basilevsky, uno dei presidi della Usl 10/E insieme all’ospedale Oftalmico e all’Ospedale Meyer. Ebbene quella finestra e il relativo affaccio assomigliavano davvero molto ad altra finestra e ad altro relativo affaccio della mia casa di Sarteano. In tutti e due i casi si trattava di finestre che affacciavano su una corte, ma quello che mi colpì era la straordinaria somiglianza delle venature causate dal tempo sul muro.

199? Data precisa incerta, sicuramente primi anni ‘90, probabilmente 1990 o 1991. Periodo invernale, una cena in casa di amici a Firenze nella zona di Campo di Marte. Come talora capita due persone originarie dello stesso paese, dopo essersi persi di vista,  dopo tanti anni si ritrovano inaspettatamente. Ovviamente il paese é Sarteano, uno due sarteanesi sono io, l’altro è Marco. Marco ha qualche anno più di me e anche lui come me vive a Firenze da molti anni. Fu una bella serata, ottima cucina, bella compagnia. Non sono certo invece che tutti abbiano trovato divertente la conversazione, praticamente monopolizzata da me e Marco. Gli astanti si sono dovuti sorbire la storia recente di Sarteano (e anche quella meno recente), biografie di persone e personaggi del borgo, ricostruzione di alberi genealogici, castello, Saracino, piscina e Bagno Santo e quant’altro. Cose che capitano quando due sarteanesi si ritrovano a parlare, come dice il titolo di questo articolo, degli “anni senza Sarteano”.

Aprile  1994. Montepiesi parla di me, o meglio di un articolo che ho reperito sulla Rivista Viesseux che parla di Tancredi Canonico e che ho inviato al dottor Bologni, che gentilmente ne ha dato notizia. La notizia compare anche nel numero di Gennaio 1995 e nel novembre 1998. Ancora, nel Maggio 1995 sempre su Montepiesi compare la segnalazione di  “Plausibili trilogie”, una mostra collettiva a cui partecipai con alcune fotografie tra le quali alcune vedute di Sarteano.

Nel 1997 sono tornato a Sarteano con alcuni amici fiorentini. Probabilmente é stato un flex point, probabilmente é da quel momento che é iniziato il mio riavvicinamento. Curioso e da citare che quegli stessi amici successivamente hanno trascorso le ferie a Sarteano per qualche anno. Una curiosità, il “Panspagna”.”Abbiamo del buon panspagna”.  Così ci disse chi ci servì al ristorante dove ci fermammo strada facendo.  Quello strano termine con cui era stato ribattezzato il Pan di Spagna ci divertì molto, trasformandosi in  una battuta destinata a diventare un tormentone. Questa storia ovviamente la capiranno solo i pochissimi che l’hanno vissuta e altri pochi a cui è stata raccontata.

Febbraio 1999 Montepiesi pubblica una foto dove sono ritratto in vicolo del Bell’occhio con Mauro Placidi e la Stefanina. La foto fu pubblicata in quanto spedita per email, pratica “pionieristica” allora ancora poco diffusa. Oggi invece è quasi una rarità ricevere una missiva manoscritta!

Di lì a poco si concretizzò un progetto per rimettere a posto la casa di famiglia, che pur essendo in più che buone condizioni, era stata pressoché disabitata per un lungo periodo.

Iniziò un lungo processo che tra progettazione, programmazione, preventivi, esecuzione dei lavori, si concluse nel 2003, anno in cui pur con le impalcature ancora presenti ricominciai a trascorrere a Sarteano periodi estivi significativi. Le impalcature furono tolte e negli anni successivi è sempre stata “confermata” la presenza a Sarteano nei fine settimana e durante una parte delle ferie estive. Il 2003 fu anche la scoperta della Tomba della Quadriga Infernale”, cosa che portò una certa popolarità a Sarteano. Vivevo come del resto adesso a Firenze, e non pochi colleghi e conoscenti, sapendomi sarteanese, mi chiedevano ragguagli e curiosità sull’evento.

Il 2003 è una sorta di spartiacque tra un prima e un poi. Il “prima” è quello che è sempre stato più o meno, come indica il titolo di questo scritto, “Senza Sarteano”. Il “poi” è un periodo che ha visto e vede la presenza a Sarteano più continuativa o comunque più frequente.

Nel 2007, un ritorno a Sarteano triste, il 21 settembre scompare mio padre a Firenze. Come da sua volontà viene fatto riposare a Sarteano. Da un punto di vista di rapporto con il paese siamo ancora nell’era di “Sarteano sì ma solo d’estate”. Sempre nel 2007 ricevo una mail da Patrizia, mia compagna di scuola alle elementari, anche lei allontanatasi da Sarteano e trasferitasi in Francia. Mi porta alla memoria lontani ricordi sarteanesi invitandomi a ritrovare gli amici di un tempo lontano. Peccato che Facebook pur nato nel 2004, non è ancora stato “inventato” in lingua italiana. Capisco che si va incontro a un futuro dove il passato tornerà a farsi vivo. E la storia continua…

E alla fine grazie a quella lezione che  mi ha riportato a quei vecchi insegnamenti secondo cui, attraverso la riformulazione, si può trasformare un disagio in una risorsa ovvero un “senza” in un “con”.

Letture e siti

BANDINI D: MEMORIE PICCOLOMINEE IN SARTEANO, “Bollettino Senese di Storia Patria, Terza Serie – Anno I X – 1950

Minetti A.: La tomba della Quadriga Infernale di Sarteano. STUDI ETRUSCHI VOL. LXX – MMIV – (SERIE III)

“QUANDO SOGNAVAMO LA CALIFORNIA”, SABATO 4 AL MASCAGNI LA FOTOGRAFIA DI UNA GENERAZIONE. DOCUMENTO WEB Visto e letto 16 Agosto 2023

2 thoughts on “Gli anni senza Sarteano

  1. Caro Roberto, ho letto con interesse questo tuo scritto. Un po’ di memoria, un po’ di nostalgia, un po’ di aneddoti di vita vissuta. Il filo conduttore è sempre il ritorno, il ricordo, il legame alla propria terra al proprio paese, al vissuto identitario di chi si è allontanato dalla propria “confort zone” per affrontare le sfide della vita “fuori”.
    In piccola parte mi sono ritrovato, nei tuoi “viaggi” in quanto anch’io ho lasciato il mio paese natio, Montalcino, per poi trasferirmi (mio padre decise di trasferirsi) a Siena. Poi la mia vita, poco più che ventenne mi ha portato a Roma e, dopo dieci anni, all’estero per motivi di lavoro. Purtroppo non ho avuto un luogo dove tornare e riallacciare conoscenze ed amicizie “consolidate”, ma ritrovo, in alcuni tuoi aneddoti, il ricordo, il modo di dire il sentimento “paesano” della comunità ove ognuno conosce qualcosa dell’altro, ma che riscopre ed approfondisce nel momento dell’incontro “fuori” dal paese o dal luogo in cui sei cresciuto, quasi a voler rinsaldare un senso di appartenenza comune. Sono sentimenti e sensazioni che hanno bisogno di essere espressi, ribaditi quasi a consolidare un senso di appartenenza comune. Grazie, mi hai fatto “viaggiare” un po’ nella mia memoria.
    Un saluto affettuoso, guido

  2. Caro Guido, grazie per l’attenzione
    Hai colto perfettamente la motivazione che mi spinge a scrivere su Sarteano, che poi, credo sia condivisa da moltissime persone verso il proprio paese.

    Da sempre mi ha colpito una frase di Jung, che peraltro uso spesso (forse anche troppo!) come citazione:
    “… dopo venti o trent’anni si scopre che ciò che veramente conta è rimasto nel paesello natio.” (C.G.Jung, lettera a Herbert Read 17.10.1948. In C. G. Jung, Lettere, Vol 2 p.117)

    Le nostre storie di vita hanno dei tratti comuni. Anche io sono partito dal paese per la città e poi per una città più grande; da Sarteano a Siena e poi da Siena a Firenze. Sono stato più volte a Montalcino, bello come tanti borghi di Toscana che il mondo ci invidia. In collegio a Siena dove per un periodo ho studiato (fine anni ’60) c’erano anche alcuni studenti di Montalcino; ricordo solo che erano un po’ più grandicelli di me.

    Mi par di capire che non hai subìto quello che “accomodando” una più celebre frase ho definito “lo straordinario potere alchemico del ritorno”, nel senso che non hai mantenuto il legame col paese natio. Del resto anche io l’ho ripreso in età avanzata, dopo un lungo allontanamento. Credo che comunque anche in mancanza di ritorno fisico a Montalcino potresti mettere insieme ricordi di un tempo. La memoria e la penna hanno un potere immenso!

    Grazie ancora per la tua attenzione e un caro saluto
    Roberto

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