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Capita (quasi) tutti i giorni di fare paragoni su ieri e oggi a proposito di fatti personali o massimi sistemi. Tali paragoni si ripropongono, più o meno frequentemente, in maniera non continua ma comunque incessante. In linea di massima, coerentemente col detto che la storia non si fa né coi se né coi ma, cerco, per quanto possibile di non catapultarmi in questioni del tipo “cosa sarebbe stato se….” Trovo più formativo (mi sia consentito usare questo termine) fare paragoni tra ciò che “E’ stato, ciò che ho fatto, come reagivo a certe situazioni” e tra ciò che “E’, ciò che faccio, come reagisco a certe situazioni“. Gli esempi sarebbero tanti, e reperibili in circostanze le più varie: dal rapporto con la gente, alla frequentazione di amicizie, a scelte oggettuali, a tipo di adesioni a sodalizi artistici o letterari, al rapporto coi mezzi pubblici versus auto privata, e chissà a quant’altro. Ma prendendo lo spunto dalla quotidianità, forse per un’inattesa concentrazione di episodi (tre per l’esattezza) legati a persone che hanno qualche difficoltà relazionale e che non trovano di meglio che supplire alzando il tono della voce a carenza di contenuti e forse di neuroni.

Tanti anni fa di fronte a male parole, a comportamenti arroganti (ivi compresi quelli del noto motto “I sapienti adorano imparare, gli ignoranti preferiscono insegnare“), a richieste pretenziose e immotivate, a contestazioni palesemente infondate avrei risposto per le rime, male, a voce alta e con altrettante male parole.

Oggi in situazioni analoghe cerco di trattenermi e penso “Che cosa sta cercando di comunicarmi questa persona?”. Questo è l’ascolto. Ascoltando cogli segnali verbali, guardando quelli non verbali. E ti fai un’idea.

Tuttavia non sempre questa è la scelta migliore. Perché la vita non è una seduta di psicoterapia. E ascoltare attivamente fior di idiozie potrebbe esser scambiato per silenzio assenso!

E’ naturalmente anche un problema di setting. L’ascolto attivo può declinarsi come attenzione attiva, ma anche come tolleranza attiva o come altro, ad esempio strategia di reazione attiva.

E qui il discorso si fa complicato…

E qui viene incontro la saggezza paesana “CHETTELODICOAFFA'”

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Spunti:

l’antropologia culturale, specie per quanto riguarda i concetti generali e la teorizzazione ha avuto uno sviluppo particolarmente lento. Interessata allo studio dei fenomeni relativi ai comportamenti “stabilizzati” o “istituzionalizzati” dell’uomo, vale a dire a quei codici di comportamento che definiscono la peculiarità morfologica di qualunque comunità umana comunemente definita “cultura””  da Musio G: Psicologia, antropologia culturale, pedagogia: un incontro interdisciplinare. “Scuola e città”, 1975, pp. 487-495

“La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”. (Da “La grande bellezza,  diretto da Paolo Sorrentino, 2013)

Letture

STEFANO ALLOVIO e ADRIANO FAVOLE: “Mutazione culturale…” La Lettura/Corriere della Sera n. 327, 4 marzo 2018
DANILO BRESCHI: “… O identità culturale” La Lettura/Corriere della Sera n. 327, 4 marzo 2018