Pensando alla carta e pensando alla pietra

Pensando alla carta e pensando alla pietra

«Le parole e la carta, comunque, non mi davano l’impressione di essere abbastanza concrete; avevo bisogno di qualcosa di più. Dovevo riuscire a dare una qualche rappresentazione in pietra dei miei più interni pensieri e del mio sapere. ».”
(Carl Gustav Jung: Ricordi, sogni, riflessioni, Biblioteca Universale Rizzoli, p. 270)

Per opposti sentieri”, mostra a due: Eliana Chiarugi e Giuliano Tacconi inaugurata il 23 gennaio 2016. Sintetizzando si può dire “Pensando alla carta e pensando alla pietra” alludendo ai collage di Eliana e al mosaico di Giuliano. Più  propriamente bisogna rifarsi ad una antica tecnica, il “commesso fiorentino” per Giuliano, e a un tipo di collage sui generis (“nonsolocarta”, ma materiali diversi come truciolato, sughero e altro ancora) per Eliana. Matrice comune il costruire, il costruire per apposizioni successive a comporre quanto pianificato e programmato, ma anche e forse soprattutto, quanto immaginato.

Pensando alla carta e pensando alla pietra, vien dunque da pensare anche al collage e al mosaico. Con una equazione semplice, quasi con un “se tanto dà tanto” i due prodotti hanno una qualche parentela.
E’ vero, genealogie diverse; da una parte carte, cartine, cartoncini e talora fogli di giornale gestiti da sapienti mani armate di forbice, all’altra pietre e marmi delle fogge e dei colori più disparati assemblati in uno spazio definito con l’ausilio di mole, lime scalpelli, fili metallici. Un progetto comune: la costruzione, la realizzazione, la somma di unità singole a formare un tutto compiuto. Un tutto che può mirare prevalentemente alla riproduzione o alla creazione più libera.

E  penso a una mostra, a due artisti, alla carta e alla pietra, che sono proprio i loro strumenti di comunicazione artistica…
E loro sono due artisti, due amici, Eliana Chiarugi e Giuliano Tacconi, semplificando la loro opera la collagista (ma si dirà mai proprio cosi?!) e il mosaicista. Matrice comune il costruire, il costruire per apposizioni successive a comporre quanto pianificato e programmato, ma anche e soprattutto, quanto immaginato.

Entrambi gli artisti affrontano varie tematiche. Particolarmente interessante quella degli spazi aperti, dei panorami, di “vedutismo” (bella espressione quest’ultima che rimanda appunto alla grande rassegna del 1994 a Forte Belvedere “Firenze e la sua immagine: cinque secoli di vedutismo”).

Giuliano ama maggiormente le vedute fiorentine, le sagome delle chiese e dei monumenti non trascurando in ogni caso (anzi talora sottolineandolo) il sovrastante cielo ora sereno, ora nuvoloso, ora luminoso, ora cupo. Giuliano non disdegna nemmeno la figura umana, soggetto particolarmente impegnativo con questa tecnica, proponendo figure intere, nudi, volti in primo piano; anche in questo caso c’è notevole attenzione e cura al dettaglio del contesto in cui i soggetti sono inseriti.

I temi della natura sono  prevalenti nelle opere di  Eliana propone sovente distese blu che rimandano a cieli e a mari (o comunque a distese di acqua); non solo: ampie distese di verde, marroni, gialle, tutte ben calibrate a comporre armoniche vedute di spiagge, di albe e tramonti, di praterie e boschi. La figurazione qui presente, è una figurazione molto libera, tuttavia esaustiva fino a permettere di cogliere anche dettagli delle scene, e forse anche a suggerire al fruitore di completare quanto visibile con quanto immaginabile.

Nelle vedute di questi due artisti si colgono elementi significativi: accostamenti di colore suggestivi, linee di orizzonte, sagome di chiese e campanili, compressioni prospettiche e  dilatazione della scena, ferme linee di demarcazione e fuoriuscite dall’area di intervento artistico a cercare la terza dimensione. Una citazione sembra riassumere il tutto:
“…quelle intuizioni ed emozioni oscure e inspiegabili, che conferiscono una determinata qualità impalpabile e magica a certi luoghi, a certi aspetti della natura, a certe opere d’arte e anche a certe idee e persone” (Da C.G. Jung, “L’inconscio” (1918). In C.G. Jung, La psicologia dell’inconscio, Newton Compton Editori, Roma, 2006.)

[Continua]