Mi “rimorsi” in mente. Pensieri in libertà (molta)

Titolo lievemente corretto:
Mi “rimorsi” in mente. Pensieri in libertà (molta, forse anche troppa!)

Ho sempre pensato che nella vita, per quanto possibile, si debba avere un comportamento tale da non avere rimpianti o rimorsi. Ma ciò ovviamente è praticamente impossibile. E così tutti noi chi più chi meno.
Dato che la vita è un continuum di scelte, da quelle semplici e banali a quelle epocali e determinanti, è quasi impossibile aver sempre scelto di agire sì da non aver rimorsi o di non aver agito sì da non aver rimpianti.
Mi ritengo fortunato di averne pochi (chissà che un domani ne possano affiorare di nuovi, ma speriamo di no).
In effetti almeno un rimorso ce l’ho. Ho scoperto di averlo molto recentemente, peraltro. Il rimorso è quello di non aver compreso il talento di un docente universitario e l’importanza della sua materia, che allora, effettivamente non aveva ancora ottenuto la dovuta attenzione. Non mi va di fare il nome del docente e nemmeno quello della materia. non è importante il contenuto, il nome, la sostanza, l’argomento. E’ importante il metodo, la capacità di individuare e cogliere.
Ogni tanto vengono in mente episodi apparentemente privi di significato. Ho parlato di episodi e non di ricordi, che pur ricordi sono, ma che assomigliano quasi più a dei sogni che a dei ricordi.
Uno di questi episodi, che forse potremmo definire anche dei flash, mi riporta a Siena, a Porta Pispini, mentre parlo con dei ragazzi, dei coetanei, uno dei quali assomiglia a un personaggio dei fumetti, anzi a due a uno del fumetto Rocky Rider e a uno del forse più noto Superbone; all’epoca la parola archetipo non mi veniva in mente e non poteva venire in mente neanche la medicina costituzionale, ma quei due personaggi di fumetti, entrambi magri, alti e occhialuti, assomigliantisi fra loro, assomigliavano davvero a quel ragazzo senese. Del resto ho anche un ricordo personale, della vita reale, di due ragazzi amici tra loro, con simili caratteristiche.
Un altro ricordo senza significato apparente è quello di una signora che parlava con un’amica riferendole con orgoglio quanto e come fosse diventata amica di un professionista, sintetizzando la relazione, peraltro solo amicale dicendo “ma ci parlo così, proprio come parlo ora con te, ma proprio cosi eh!”; e come lo ribadiva e lo ripeteva, via via sottolineando con un gesto della mano “proprio cosi eh!”.
Ricordo un giornalaio fuori dalla propria bottega lamentarsi del caldo. Ancora mi chiedo perché ricordo quell’edicolante in quell’agosto cittadino (fiorentino) periferico e non altri lamentosi per il medesimo caldo o per altro di cui lagnarsi.
Nel frattempo mi accorgo che lo storpiato (volutamente) “rimorsi” ha ceduto il posto al più tradizionale “ritorni”
Il mistero per cui cose significative e cose per così dire insignificanti (per inciso ricordo una poesia che raccontava di qualcuno che si era perso tra eroi positivi e personaggi da evitare…) abbiano talora a trovarsi dirimpettaie nella mostra memoria rimanda a una possibile soluzione collocabile tra psicologia del profondo e neurofisiologia. Forse.

Letture

De Martino E. (1961): La terra del rimorso. Il Saggiatore, Milano, 1976.