“Le memorie di Domenico Leoni”. Un bel libro.

NB Testo non definitivo!

E tu ricerchi là le tue radici se vuoi capire l’anima che hai…”.

(Francesco Guccini)

Le memorie di Domenico Leoni”  è un libro, un bel libro, e qui ne parlerò. Ma questo mio scritto non è una una vera e propria recensione e non è nemmeno quanto dirò tra pochi giorni alla presentazione del libro, presentazione che avviene, dopo un lungo periodo, in presenza. È altro, è uno spazio dove mi prenderò anche licenza di divagare.

Prima di entrare nello specifico – anche so che non è bello parlare di sè quando si intendende celebrare qualcuno! – non posso non notare che alcune coincidenze legano me e Allaman. 

Ci conosciamo non so più da quanti anni, anzi so benissimo da quanti, ma è meglio non quantificare!

Nei primi anni 2000 (precisamente dal novembre 2001 al dicembre 2002 e anche tutto il  2003) ho fatto il tirocinio per la scuola di specializzazione in psicoterapia presso il Centro Alcologico (non alcoologico!) di Villa Basilewsky allora diretto proprio da Allaman; curiosamente fino a pochi anni prima lavoravo negli stessi locali che all’epoca erano facenti parte della USL 10 E assieme a Ospedale Meyer ed Ospedale Oftalmico. E’ ancor più singolare che anche un’altra volta mi sia ritrovato a condividere, pur in tempi diversi, con Allaman medesimi spazi. Alludo al periodo in cui il Centro Alcologico era a Villa Ognissanti, ed era prorio letteralmente nella palazzina che tanti anni più tardi avrebbe ospitato l’Ospedale Meyer (nel frattempo diventato Azienda Meyer), me compreso. Per completezza di informazione ho frequentato volontariamente il Centro Alcologico anche alcuni mesi del 2007 per mettere a punto una pubblicazione scientifica.

Non voglio dire che si tratti di “sincronicità”, ma certo è qualcosa che gli somiglia!

Mi sono lasciato per ultima un’altra curiosa coincidenza. Allaman, assieme ad un team selezionato, dopo aver ritrovato scritti e diari del proprio nonno Domenico Leoni, riporta alla luce una biografia, ma direi una storia di vita, che altrimenti sarebbe rimasta fruibile solo da poche persone. E’ opera meritoria; tutto ciò che ci fa conoscere quanto e quanti ci hanno preceduto è da considerare un dono prezioso. E’ interessante conoscre non solo la storia con la esse maiuscola, ma anche le storie “minori” o meglio  “minori, ma non per questo meno importanti“. Ed ecco l’ulteriore coincidenza: nello stesso periodo anche io ho ritrovato documenti di un mio parente, Gualtiero Sbardelli, poeta e commediografo; ho scritto due articoli su di lui e  mi sono riproposto di scrivere un libro.

Ma torniamo al libro di Allaman (e collaboratori)

Siamo di fronte a un testo che forse può essere definito come un’autobiografia scritta e conservata, poi “ritrovata”. Allaman Allamani ha scritto la presentazione, e, assieme a Giorgio Oneto e Gian Luca Corradi è dell’opera curatore, ma come avrebbe detto Ballerini in altro contesto (ve la racconto però un’altra volta) “Allaman è sí un curatore, ma è anche molto più di un curatore“. 

Il materiale di partenza è una raccolta di manoscritti e dattiloscritti autografi di Domenico Leoni in sono raccontate vicende comprese nel periodo 1902-1918. Sono vicende familiari, lavorative, belliche.

Con rara perizia già nella presentazione in poche pagine Allaman annuncia i contenuti, la genesi e la realizzazione del testo, la dimensione spazio temporale della vicenda. La pubblicazione è il risultato di un lavoro attento e pianificato

Non è difficile capire come la lunga esperienza di Allaman, medico psichiatra con notevoli competenze in psicoterapia, con particolare riguardo al modello sistemico, gli abbia consentito di cogliere dettagli analitici di linguaggio e narrazione che solo un esperto di ottica sistemica, di modelli trigenerazionali e di storie di vita può cogliere. 

L’importanza di tale presentazione è sottolineata anche in Prefazione da Zeffiro Ciuffoletti,  presentazione così ben proposta che consente al lettore di seguire e comprendere appieno la narrazione da Firenze all’Australia e non solo. Per la precisione come recita il sottotitolo “dalla Romagna alla Toscana, dall’Australia a Caporetto, dalla prigione alla libertà”. Suggestivo il fatto che questo testo abbia visto la luce tanti anni dopo, realizzando quanto Domenico Leoni aveva da sempre desiderato fin dagli anni ’60, dopo aver integrato e aggiornato a più riprese le proprie memorie scritte in lunghi anni. Attraverso questo libro, attraverso le vicende di Leoni conosciamo esperienze, riti, valori, oramai scomparsi, uno per tutti la riunione familiare di commiato al parente che parte per l’Australia. 

A costo di dire un’ovvietà, questo libro non può essere raccontato, ma deve essere letto. 

Ho sempre apprezzato le autobiografie (più delle biografie) e gli epistolari; credo che siano strumenti potenti di conoscenza e di riflessione. 

Piace rammentare che nel 2017 qui al Donatello furono presentate due biografie:  “Io, vivace invalida senza frontiere” di Paola Giusti, e “Una vita per altre vite” del ginecologo Giuseppe Camagni.

Piace citare Duccio Demetrio: “Arriva un momento nell’età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per fare un po’ d’ordine dentro di sé e capire il presente; per ritrovare emozioni perdute e sapere come si è diventati, chi dobbiamo ringraziare o dimenticare. Quando questo bisogno ci sorprende, l’autobiografia di quel che abbiamo fatto, amato, sofferto, inizia a prendere forma. Diventa scrittura di sé e alimenta l’esaltante passione di voler lasciare traccia di noi a chi verrà dopo o ci sarà accanto. Sperimentiamo così il “pensiero autobiografico”, che richiede lavoro, coraggio, metodo, ma procura, al contempo, non poco benessere“. E ancora Demetrio: (…) Si impara dall’analisi della propria storia,si impara apprendendo da se stessi e si inizia  a coltivare un vizio che ci riporta, se lo desideriamo, ai nostri anni adolescenti (…)” (Duccio Demetrio, Raccontarsi, l’autobiografia come cura di sé. Cortina Editore 1996, p. 15)

L’autobiografia che  Domenico lo ha scritto, anzi manoscritto, ha oggi nuova vita perchè chi venuto dopo di lui ha avuto l’attenzione, la cura di non disperdere quanto poteva (e ahimé chissa quante volte è successo) finire prima in fondo a un cassetto e poi chissà dove!

Trovo quindi straordinario che accanto a una storia inevitabilmente “maggiore” trovino posto anche “storie minori”, virgolettato a significare che minori non sono. 

Il periodo a cui l’Autore si riferisce è un periodo ben preciso: dal 1902 al 1918, tuttavia nella trattazione non mancano riferimenti a prima e dopo tale periodo.

Domenico Leoni nacque i Romagna, nel piccolo paese di Santa Sofia nel 1887. Una sorella di Domenico, che aveva 18 anni più di lui, sposò Carlo Franceschi, medico (n. 1865). Carlo e Maria nel 1900 si trasferirono in Australia, ed è  in virtù di ciò che Domenico ebbe l’occasione di raggiungerli. Peraltro dalla lettura del  libro si evince che non si è mai saputo con certezza perché Domenico e Maria, dopo la nascita delle bambine nel 1895 e 1898, si siano trasferiti nel continente nuovissimo. La famiglia al completo appare in una bella fotografia del 1901 con dedica ai nonni pubblicata nel libro; presente altra immagine simile del 1907. Va detto nell’occasione che non solo questa ma anche altre rare e belle immagini d’epoca arricchiscono l’opera. Nel 1902 Domenico parte per l’Australia; all’epoca lunghissimo viaggio della durata di un mese. Nel 1908 Domenico riceve una lettera dai familiari che lo invitano a prender contaato con il Consolato e rientrare in Italia; si conludeva così il suo settennato trascorso in Australia. Nel 1909 iniziò a llavorare in Firenze a Villa Constantin. Nel 1911 Domenico si sposa con Angela Valeotti e nel 1912 nasce sua figlia Leonella, ovvero la futura madre di Allaman Allamani.  Il 1915 è l’anno in cui Domenico è chiamato alle armi:

Il 9 Novembre del 1915 fu chiamata sotto le armi, per la prima volta, la mia classe e categoria. Avevo 28 anni compiuti. Alle 10 di quel giorno mi presentai al Distretto Militare di Firenze dove mi aggregarono al 1° Reggimento Fanteria”.

Nel triste periodo bellico, come ben è sottolineato nella presentazione, Domenico alterna racconti di guerra e  racconti familiari; in questo senso Domenico offre spaccati del fronte e della prigionia descritti con rigore saggistico. Uno tra i tanti brani particolarmente suggestivi ed emozionanti:

Mi trovavo di guardia ad una feritoia lungo la trincea ad un passo da un bastione composto di sacchetti di terra, dei tanti che si trovavano lungo la linea per proteggere il nostro fianco sinistro, quando furono uditi due colpi di fucile. […] Con me, in quel momento erano due miei compagni […] Passati pochi secondi ecco che un colpo da 37, […]All’udire quel colpo uscimmo tutti e tre in una sonora risata; ma l’eco della nostra ironia non si era ancora spenta, che una seconda granata del solito calibro colpì come un fulmine la cresta del nostro pilastro protettore! […] Per buona ventura il momento fu più brutto che effettivamente pericoloso. Riavutici da quella pioggia di terra e di schegge trovammo temporaneo rifugio nel camminamento che faceva capo al trincerone. Quando il rumore dell’importuno cannone cessò ritornammo al nostro posto. Solo allora ci accorgemmo di averla scampata bella!

E’ nel 1917 che inizia la terribile esperienza della prigionia.  Nel 1930 acquisisce una pensione che diverrà l’odierno Albergo Montebello. Domenico rimase vedovo nel 1937 e scomparve nel 1976 all’età di 89 anni. Naturalmente sulla prigionia, sull’Albergo Montebello,come del resto sututti gli altri argomenti esposti da Domenico ci sarebbe da citare non uno, ma molti, moltissimi e episodi vuoi interessanti, vuoi curiosi, vuoi commoventi. Fin qui qualche breve nota e un paio di citazioni particolarmente significative che, inutile ripeterlo, non possono lsostituire la lettura, ma magari la possono suggerire.

Le memorie di Leoni sono state stilate e revisionate in tempi diversi, dal 1924 e successivamente nel 1934 e poi nel 1939; infine un’ulteriore revisione e completamento nel 1972. Attorno al 1969 era stato ipotizzata una pubblicazione che però non avvenne.

Quelle che ho definito poco sopra “Storie minori, ma non per questo meno importanti” sono un patrimonio. Sono storie che meglio ci fanno conoscere quanto appreso nelle aule scolastiche e sui libri di storia perché raccontate dai protagonisti, che oltre a descrivere avvenimenti ci trasmettono anche le emozioni provate per averle vissute.

Bibliografia e ricordi (non necessariamente legati al libro, ma in qualche modo correlati)

Allamani Allaman: Quarantacinque lugli fa: una storia della nascita di Alcolisti Anonimi. Toscana Medica, Luglio 2029

Demetrio Duccio: Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé. Raffaello Cortina Editore, 1996, Milano

Quartini A., Adami Rook P., Allamani A., Berni L., D’Onghia G., Innocenti A., Innocenti F., Latte G., Bardazzi G., Bartolini S., Ceccherini E., Della Lena R., Fusi G., Marcias ML, Stecchini D.: Valutazione dell’efficacia di un percorso di psicoterapia breve in alcoldipendenti sobri affetti da depressione minore. Abstract book VIII Congresso Nazionale SIEP “La salute mentale nella popolazione. Analisi dei bisogni e governo clinico”. 25-27 ottobre 2007, Convitto della Calza, Firenze.