Al di qua del bene e del mal(essere)

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Non si dice nulla di nuovo, anzi si ribadisce quanto noto mutuando la definizione dell’OMS, nell’affermare che la salute non è solo l’assenza della malattia, ma uno stato di benessere fisico, psichico e sociale.
Questo blog cerca per quanto possibile di rispettare le regole grammaticali della nostra bellissima lingua; per la completezza e sviluppo tradizionale dei temi trattati non viene invece data garanzia alcuna! Cominciamo a dimostrarlo con un volo pindarico.
Volo pindarico, ma fino a un certo punto, o forse cambiamento di discorso per poi riprenderlo, ma adesso (a seguito di recente lettura) viene in mente il Lifelogging, ovvero la tracciatura digitale della propria vita sociale e quindi anche della propria salute. Scenari prossimi venturi fanno pensare a individui che scaricheranno (probabilmente anche la parola “scaricare” diverrà obsoleta e verrà sostituita da chissa quale altra!) quotidianamente immagini del loro ambiente di lavoro, di svago, dei familiari, nonché tracciati ECG, numero di passi compiuti, forse anche altro…
Ma torniamo al benessere, al bene, al male, allo star bene e allo star male e vediamo i rapporti relazionali con l’altro diverso da noi (e alla fine anche il rapporto con noi stessi, il dialogo interno)
Dunque il bene in senso lato, non è la semplice assenza del male, ma è appunto proprio il bene.
Interessante in proposito, ma da parlarne a parte la diatriba sulla dottrina della “privatio boni” (cioè dire la concezione secondo cu il male non ha un’esistenza positiva, ma è semplice privazione del bene) tra Carl Gustav Jung e Padre White (Si veda il carteggio Jung-White in Jung, Lettere, Edizioni Magi).

Difficile poi governare le dinamiche del bene e del male, tantomeno ciò che dal profondo dell’animo di aguzzini e benefattori emerge in superficie e ci è dato di conoscere.
C’è chi… e c’è chi.. Viene in mente Rino Gaetano “Chi vive in baracca. chi suda il salario, chi ama l’amore…”
Cosa ancor più complicata dunque…
C’è è incline a far del male par godere più di tal male che riesce a infliggere più che dal bene che potrebbe ottenerne.
C’è chi fa del bene gode di ciò, ma non ama parlarne.
C’è chi dovrebbe lottare per eliminare le criticità relazionali, talora invece appare più incline a creare relazioni critiche….
Dovremmo abituarci – Paul Watzlawick ce lo insegna – ad abbandonare il concetto di causalità lineare a favore di quello di circolarità, dove il comportamento di x causa il comportamento di y, ma valutare anche le influenze di y su x e ogni interazione nella sua globalità.

e la cosa si complica…..

Buone letture possono essere:
Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana. Roma: Astrolabio.
Watzlawick, P., Weakland, J.H., Fisch, R. (1974). Change. La formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio.

[Continua]